[Come vorrei che un Papa si rivolgesse agli organisti di chiesa con queste parole!]
Cari fratelli e sorelli,
prima di tutto desidero professare la mia stima per voi, rendere omaggio alle vostre benemerenze, e, se fosse possibile, riparare l’ingiustizia con cui vi tratta la società.
Sì, perché, dobbiamo riconoscerlo, voi siete una categoria "misconosciuta". Il posto nel quale esercitate la vostra arte è nascosto, invisibile alla gran massa, che per lo più vi ignora o non si cura di voi. L’età moderna, poi, infetta com’è di materialismo, va in delirio per i campioni dello sport, applaude frenetica ai divi del cinema, ma non sa apprezzare la vostra nobile arte, che si svolge nella sfera dei più puri valori spirituali. Pochi vi applaudono, raramente c’è chi si premura di rivolgervi un complimento per un pezzo che voi avete tanto faticosamente preparato e suonato con tutta l’anima.
Voi siete una categoria mal "retribuita". Lasciamo i confronti che sono sempre odiosi; ma è certo che voi avete scelto (lo dico a vostro vanto) un ramo dell’arte musicale, che è oggi forse il più "disinteressato".
Eppure voi siete una categoria "benemerita". Rendete un prezioso servizio alla Chiesa, avete una parte di primo ordine nello svolgimento del culto sacro, esercitate un benefico influsso nell’animo dei fedeli. Sì, perché l’uditorio tutto, anche suo malgrado, subisce la vostra azione, e molti movimenti profondi e nobili dell’anima li deve a voi, che con le vostre armonie arrivate alle più intime fibre del cuore e ne suscitate sentimenti di adorazione e aspirazioni alla bontà.
Voi siete una categoria "gloriosa". Nell’esercizio della vostra arte siete tanto vicini al Signore. In certo modo anche voi, come il sacerdote, siete delegati e rappresentanti di tutto un popolo e lodate Dio in suo nome: raccogliete tutte le voci, tutti i gemiti, tutti i sospiri dei fedeli e li esprimete a Dio mediante la voce dell’organo, ora gioiosa ed ora mesta, ora flebile ed ora possente.
Vi ho fatto di cuore queste doverose attestazioni di stima.
Ed ora permettete che vi rivolga qualche raccomandazione.
Perché se nobile è la vostra arte, essa vi impone anche dei gravi doveri. Quali sono questi doveri? Si riducono a due: buona preparazione tecnica e vivo senso di responsabilità.
Sorvolo sul primo: è logico che l’organista deve conoscere la propria arte e quindi deve aver compiuto studi adeguati (non sono mai troppi) e mantenersi in costante esercizio per non andare man mano declassandosi.
Insistiamo sul secondo: senso di responsabilità. Ho detto sopra quale potere eserciti la vostra musica nell’animo dei fedeli: se l’organo piange, essi proveranno sensi di mestizia, se esplode in accordi solenni e trionfali, si sentiranno invasi da un senso di festa. È un onore, ma è anche una grave responsabilità. Egli allora dovrebbe cavare dal suo strumento le più soavi, le più celestiali melodie.
Ma che dire, se egli invece ne traesse delle arie profane che sanno di canzonetta? O se, affidandosi all’ispirazione - che forse non ha o non l’ha corredata di sufficiente preparazione tecnica - presume di improvvisare bistrattando il ritmo, stiracchiando delle povere melodie, stanche, stentate, vuote, monotone, senza un palpito e magari infarcite di stonature? In tal modo l’organista verrebbe a turbare la solennità del rito, ad urtare la sensibilità dei presenti, a distrarli e molestarli.
L’organista cosciente del proprio dovere, avrà cura di preparare diligentemente i suoi pezzi (non affidarsi ad una lettura a prima vista balbettata e storpiata) scegliendoli dal repertorio della musica veramente artistica e squisitamente sacra, degna della Chiesa e della sua santa liturgia.
Ho accennato sopra all’improvvisazione.
Una preghiera, cari organisti, vi rivolgo con tutto il cuore: vi supplico, non indulgete troppo facilmente al gusto di improvvisare. Potrà improvvisare bene chi ha eccezionali doni di natura e una forte preparazione tecnica. Siate umili: prendetevi un libro di brani musicali, facili quanto volete ed eseguite quelli; per quanto semplici saranno almeno corretti e svolti con una certa logica e perciò accontenteranno l’uditorio. Ma certe improvvisazioni fanno rizzare i capelli.
Dirò, per concludere, che l’organista se vuole svolgere veramente bene la sua parte, deve essere persona di fede e di orazione. Non sgranate gli occhi, è proprio così. Se l’organista sacro non è persona di fede e di pietà, sarà come uno che parla una lingua che non capisce. Il suo linguaggio freddo e senza convinzione non sarà capace di suscitare negli ascoltatori vibrazioni intime, fremiti d’anima. Se invece sarà una persona che sente la sua fede, pia e religiosa nel profondo del suo cuore, trasformerà negli uditori un’onda di pietà, li solleverà in un’atmosfera divina, li stimolerà a santi propositi, svolgendo così un santo apostolato che il Giudice Divino retribuirà, un giorno, abbondantemente.
L’organista cosciente del proprio dovere, avrà cura di preparare diligentemente i suoi pezzi (non affidarsi ad una lettura a prima vista balbettata e storpiata) scegliendoli dal repertorio della musica veramente artistica e squisitamente sacra, degna della Chiesa e della sua santa liturgia.
Ho accennato sopra all’improvvisazione.
Una preghiera, cari organisti, vi rivolgo con tutto il cuore: vi supplico, non indulgete troppo facilmente al gusto di improvvisare. Potrà improvvisare bene chi ha eccezionali doni di natura e una forte preparazione tecnica. Siate umili: prendetevi un libro di brani musicali, facili quanto volete ed eseguite quelli; per quanto semplici saranno almeno corretti e svolti con una certa logica e perciò accontenteranno l’uditorio. Ma certe improvvisazioni fanno rizzare i capelli.
Dirò, per concludere, che l’organista se vuole svolgere veramente bene la sua parte, deve essere persona di fede e di orazione. Non sgranate gli occhi, è proprio così. Se l’organista sacro non è persona di fede e di pietà, sarà come uno che parla una lingua che non capisce. Il suo linguaggio freddo e senza convinzione non sarà capace di suscitare negli ascoltatori vibrazioni intime, fremiti d’anima. Se invece sarà una persona che sente la sua fede, pia e religiosa nel profondo del suo cuore, trasformerà negli uditori un’onda di pietà, li solleverà in un’atmosfera divina, li stimolerà a santi propositi, svolgendo così un santo apostolato che il Giudice Divino retribuirà, un giorno, abbondantemente.
[Nel frattempo auspico che quelli che tra voi hanno svolto studi professionali e hanno ottenuto un titolo accademico, presso un Conservatorio di Stato o presso i nostri Pontifici Istituti di Musica Sacra, possano veder riconosciuto anche dal punto di vista economico il proprio talento musicale a servizio della Chiesa, a norma del canone 231 del Codice di Diritto Canonico e a tutto vantaggio del decoro della sacra liturgia che «è il culmine verso cui tende l’azione della Chiesa e, al tempo stesso, la fonte da cui promana tutta la sua energia» (SC 10). Ed ora imparto a voi di cuore la benedizione apostolica che vi accompagni nel vostro ministero e professione di organisti di chiesa].
[Come vorrei che un Papa si rivolgesse agli organisti di chiesa con queste parole, in realtà apparse - tranne la parte finale in parentesi quadra, di mia aggiunta - nel periodico "Lo Svegliarino Ceciliano" di Treviso nel gennaio 1958!]
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