Liturgia & Musica

Questo spazio nasce dalla mia esperienza di moderatore della mail circolare "Liturgia&Musica", avviata nel dic. 2005 per conto della “Associazione Italiana Organisti di Chiesa” (di cui fui segretario dal 1998 al 2011) al fine di tener vivo il dibattito intorno alla Liturgia «culmine e fonte della vita cristiana» e al canto sacro che di essa è «parte necessaria ed integrante» unitamente alla musica strumentale, con particolare riferimento alla primaria importanza dell'organo.

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lunedì 7 ottobre 2024

Papa Giovanni XXIII e la musica - di G. Baroffio





Papa Giovanni XXIII e la musica


di Giacomo Baroffio


Esaminare quale sia stata la musica che ha interessato papa Roncalli durante il pontificato (1958-1963), aiuta a comprendere un tratto importante della sua personalità. Innegabile è la sua disponibilità ad ascoltare esecuzioni corali e orchestrali, mentre probabilmente non è stato musico attivo. Non risulta, infatti, che abbia imparato a suonare uno strumento. Non gli sono mancate occasioni per ascoltare concerti, di gustare la serenità emergente da emozioni profonde. Non si ascolteranno, tuttavia, da papa Roncalli riflessioni che affiorano dal cuore di Benedetto XVI (1927-2022). Il papa bavarese ha affinato la sua personalità grazie alla familiarità con le composizioni di maestri quale Wolfgang A. Mozart (1756-1791). Sulle virtù della musica, dono prezioso di D-i-o, papa Ratzinger si è espresso in molte occasioni. 

Su questo punto, il silenzio di Giovanni XXIII conferma un fatto: la musica – considerata nel senso corrente e rappresentata dalle grandi tradizioni ‘colte’ e orali ‘popolari’– non ha presentato un apice dei suoi interessi personali. Ciò non deve ingannare e condurre a conclusioni affrettate. Di fatto, sin da giovane Angelo G. Roncalli si è trovato in un clima spirituale molto particolare, oggi ignoto ai più – quello del seminario e del percorso formativo sacerdotale – secondo gli usi diffusi nei luoghi di formazione italiani.


formazione e radicazione 


La formazione del giovane Roncalli segue, come c’è da aspettarsi, la tradizione del tempo. Essa è assai diversa da quella odierna; sotto alcuni aspetti sembra riflettere la vita su un altro pianeta. I limiti sociali erano vissuti in un clima di fede che permetteva alle famiglie indigenti di condurre una vita dignitosa sostenuta dalla fede in D-i-o, avvertito vicino e provvidente. Angelo non doveva costituire allora un’eccezione; oggi sembra una reliquia che può lasciare interdetti. 

Bambini e ragazzi vivevano nei paesi dove le famiglie – nonostante eventuali eccezioni – si conoscevano, condividevano i frutti degli orti e dei campi. Si entrava in ogni casa e si usciva dopo una visita che durava il tempo giusto. I minuti o le ore permettevano di rinsaldare le amicizie, di offrire un aiuto, ottenere una consolazione. Talora un piatto di minestra, spesso un sorriso. 

Diffusa era la preghiera: i luoghi cambiavano secondo le stagioni, al chiuso e all’aperto. Le persone trovavano uno spiraglio che permetteva di condividere la vita di Gesù con i vicini. I ragazzini erano al centro dell’attenzione vigilante degli anziani. I giocattoli erano primitivi, ma aiutavano anche loro a stringere relazioni in continuo commercium del dare e ricevere senza calcoli egoistici. 

Oggi basta poco – salire su un bus o camminare in alcune strade – per rendersi conto che quella società non esiste più. Nei paesi le dimore sono sigillate; i condomini nelle città ospitano sconosciuti. I piccoli sono affidati a telefonini e aggeggi con cui talora si trastullano un poco, mentre spesso perdono se stessi nel nulla. Hanno la stanza piena di cose, ma non c’è la presenza costante – sempre leggera, mai opprimente – di una persona amica.

Per comprendere il cammino chiaroscuro percorso dal futuro pontefice, è necessario conoscere il suo mondo interiore, immaginare le sue reazioni: lo sbalordirsi di fronte a tante novità, il gustare la dolcezza di piccoli e ‘insignificanti’ accadimenti che rischiano di non essere percepiti e dei quali si gettano via i frutti più ricchi che stanno sbocciando: l’amore, quasi il culto, della verità, della giustizia, della condivisione gratuita che si ha nel donare il proprio tempo. E poi, vivere con i coetanei nella semplicità che sa riconoscere la gratitudine che si riceve, sa perdonare i torti che, forse senza nessuna malvagità, si è costretti a subire. 

Nell’itinerario che porta a D-i-o scopriamo le tracce di Gesù, sentiamo il suo richiamo, avvertiamo l’ebbrezza dello Spirito. Incontriamo finalmente noi stessi per quello che siamo, senza maschere che ci sono imposte o che noi indossiamo per non dovere affrontare le responsabilità che periodicamente vengono a galla, anche quando uno meno se l’aspetta.

Questa dovrebbe essere stata la giovinezza di Angelo. Un tempo segnato dalla consapevolezza dei propri limiti senza che ciò lo spingesse nel vicolo cieco dello smarrimento infantile che paralizza tante vite innocenti abbandonate a se stesse. Il giovane seminarista – grazie agli anni trascorsi a casa nella semplicità calorosa di un ambiente umano ricco di presenze religiose – avverte la responsabilità che deve assumere nel momento. 

L’esame di coscienza non si riduce a un meccanismo assurdo di tortura, ma è ciò che deve realmente essere: una conoscenza capillare, mai pignola, del nostro agire, quale rivelazione del nostro pensare e decidere nel profondo del cuore, nella intuizione libera e liberante, nell’ascolto della mente razionale e, ancor prima, del cuore.

Nell’attraversare il mondo della pietà popolare, Angelo prende notizia e si ritrova inserito nello spazio liturgico. Quanto non comprende direttamente dalla lingua latina gli è rivelato dalla reazione vissuta nell’ambiente rurale: lo sguardo verso il tabernacolo, la corona del Rosario sgranata che si muove e s’arresta per fare spazio all’ascolto di quanto viene rivelato ai semplici senza che siano necessarie formule complesse, talora aride e lontane. Il ragazzo si muove sotto lo sguardo del parroco e delle anziane verso i cui occhi egli presta attenzione fino a scorgere un lampo che segnala che cosa deve fare, dove andare. Senza saperlo sta diventando un compagno fedele di Gesù. Si sente pronto a servirlo. Non stacca più lo sguardo dalla mano del Signore e della Madonna: prima ancora di conoscere l’esperienza del salmo, egli vive e si dona pienamente al suo Signore e Maestro.

Questo primo percorso nella sequela Christi segna e orienta in modo indelebile il suo futuro nella Chiesa. Giuseppe Ormenese ha esposto in modo chiaro la Vita virtuosa cogliendo vari aspetti che aiutano ad avvicinarci al modo con cui Roncalli ha accolto e fatto fruttificare il dono di D-i-o.

La professione della fede è stata favorita dal superamento di una pietà che aveva superato il diffuso rigorismo con l’affermazione di un’esperienza di sentimenti vissuti dalla persona in carne e ossa. 


Le prime note effettivamente personali del 1895 riportano il proposito di «assistere con particolare e straordinaria penetrazione interna e fede alla santa messa» e un anno dopo quello «di non accostarmi mai ai santi sacramenti per usanza o con freddezza e di non impiegare mai meno di un quarto d’ora nel prepararmi». Le molteplici distrazioni o il mancato raccoglimento sono però il motivo dominante del periodo e i rimedi adottati fanno riferimento all’impiego di frequenti giaculatorie, intese come mezzi per ottenere «l’intima unione con Gesù... e Maria». È in tale contesto che il diciottenne Roncalli tematizza la scissione tra pietà interna ed esterna: «il più che io mi debbo procurare è una pietà interna, della quale l’esterna non è che una veste; pietà che si fondi sull’umiltà vera, della quale ho un grandissimo bisogno», segnalando in tal modo non solo un bilancio della propria spiritualità ma, in maniera indiretta, anche il dilemma che investiva la pratica cultuale tesa tra paradigma devoto e aspetto cerimoniale, avvertito quest’ultimo come significativo sul versante esteriore della corretta esecuzione, del portamento e della testimonianza da rendere agli altri.


sabato 31 agosto 2024

Concorso per posto di organista titolare della Cattedrale (stipendio garantito: zero!) ...





... ma come, pretendete che il candidato sia in possesso di titolo di studio accademico e avete la faccia tosta di chiedergli che dovrà lavorare aggratis?!

:-/

Per la serie https://www.organieorganisti.it/remunerazione-organista-liturgico-musicista-chiesa ...



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Prot. N. 20/2024/DN

«Nella Chiesa latina si abbia in grande onore l’organo a canne, strumento musicale tradizionale, il cui suono è in grado di aggiungere un notevole splendore alle cerimonie della Chiesa, e di elevare potentemente gli animi a Dio e alle cose celesti» (Sacrosanctum Concilium, 120).

Considerato che la Cattedrale di Altamura e le Concattedrali di Gravina in Puglia e di Acquaviva delle Fonti sono dotate di monumentali organi a canne di grande interesse storico e artistico, con una amplissima gamma e ricchezza di registri, recentemente oggetto di ingenti e accurati interventi di restauro, è nostro dovere vigilare che tali strumenti vengano usati da persone fornite di adeguata preparazione in campo musicale e liturgico.

Pertanto, accogliendo il suggerimento da parte del Direttore dell’Ufficio diocesano per i beni culturali ecclesiastici e l’edilizia di culto, con il presente provvedimento promulgo le

Norme
per l’incarico di Organista della Cattedrale di Altamura
e delle Concattedrali di Gravina in Puglia e di Acquaviva delle Fonti.


1. È costituito presso la Cattedrale di Altamura [d’ora in poi Cattedrale] e le Concattedrali di Gravina in Puglia e di Acquaviva delle Fonti [d’ora in poi Concattedrale/i] l’Albo degli Organisti della Cattedrale o della Concattedrale, pubblicato sulle rispettive bacheche, nonché sul sito web della Diocesi.

2. Potranno essere iscritti all’Albo coloro che sono in possesso del diploma in organo, conseguito presso un Conservatorio o almeno presso una Scuola Diocesana di Organo.

3. I Candidati dovranno presentare all’Ente proprietario della rispettiva Cattedrale o Concattedrale [*] domanda scritta di iscrizione all’Albo, corredata di:
a) copia del titolo di cui al n. 2 delle presenti Norme;
b) attestazione scritta da parte del Parroco/Rettore della chiesa dove svolgono abitualmente il servizio di organista [§];
c) documentazione attestante altri eventuali titoli ed esperienze in ambito liturgico;
d) Curriculum vitae.

4. L’accettazione della domanda è subordinata all’approvazione del Legale rappresen- tante dell’Ente proprietario di cui al n. 3 delle presenti Norme, sentito il parere del Parroco/Rettore della Cattedrale o Concattedrale e del Responsabile per la Sezione Musica Sacra dell’Ufficio Liturgico diocesano. Questi, presa visione della documentazione, potranno richiedere l’espletamento di una prova attitudinale, che preveda una parte pratica e un colloquio.

5. L’iscrizione all’Albo permetterà ad ogni Organista di poter prestare il proprio servizio nella Cattedrale o Concattedrale, utilizzando all’occorrenza l’organo ivi presente.
In ogni caso, il Vescovo diocesano provvederà a nominare uno o più “Organisti titolari” della Cattedrale o Concattedrale.

6. La titolarità dell’Organista si intende valida per un triennio, rinnovabile per altri trienni. Potrà essere revocata in qualunque momento, previa comunicazione scritta all’interessato, riportando le motivazioni della decisione stessa.

7. L’essere Organista (anche titolare) non comporta di per sé alcun rapporto di dipendenza o di lavoro, ma si tratta di un mero titolo onorifico, e, d’altra parte, le prestazioni rese si intende che siano a titolo gratuito.

8. Gli Organisti possono richiedere in qualunque momento la rimozione dall’Albo di tutti o alcuni dei loro dati.

Le presenti Norme entrano in vigore a partire dalla data odierna. 

Dato in Altamura, dalla Sede Vescovile, il 10 giugno 2024

Il Cancelliere Vescovile
Sac. Vincenzo Panaro

+ Giuseppe Russo Vescovo

[*] Per Altamura e Gravina in Puglia, il Capitolo Cattedrale o Concattedrale; per Acquaviva delle Fonti, la Diocesi. 

[§] Qualora il Candidato risultasse privo di adeguata formazione liturgico-musicale, si chiede che possa provvedere a colmare tale lacuna, partecipando a corsi appositamente destinati.


- tratto da https://www.diocesidialtamura.it/2024/08/27/norme-per-lincarico-di-organista-la-nota-di-mons-russo/


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Gentile Vescovo Mons. Giuseppe Russo,

Le scrivo con tutta l'umiltà possibile per esprimere la mia più profonda delusione provocata dalla lettura del bando in oggetto, recentemente pubblicato sul blog della Diocesi di Altamura.

Sono un organista che ha seguito un lungo e faticoso percorso di studi per arrivare a fregiarmi di questo titolo. Studi che hanno avuto un costo non indifferente negli anni, a livello di libri, lezioni, masterclass e, soprattutto, tempo. Tempo investito per raggiungere il massimo livello e distinguermi dal diettantismo che purtroppo imperversa nelle chiese italiane sottraendo "lavoro" e possibilità di crescita e affermazione personale a chi ha portato a compimento gli studi canonici. Tempo che mi ha impedito, inoltre, di apprendere e svolgere altre mansioni per guadagnarmi da vivere. 

Sappiamo bene che la sempre più scarsa preparazione culturale degli aspiranti sacerdoti del culto cattolico fa sì che non si sappia più distinguere un organista "bravo" da un incapace, e che questi ultimi spesso e volentieri vengono allegramente accolti nelle chiese per animare la liturgia, solo perché si prestano gratuitamente.

Sappiamo altrettanto bene che fuori dall'Italia la chiesa cattolica, anche se segna il passo rispetto a quella protestante in tema di musica liturgica, tiene in maggiore considerazione il mestiere di organista.

Mi chiedo, allora, perché si continui a sottovalutarlo qui da noi, dove la Musica Sacra ha le sue radici più profonde. Perché si continui a perpetrare questa umiliazione nei confronti di chi chiede solamente un giusto compenso al suo lavoro. Perché si ignori un aspetto culturale che potrebbe risollevare le sorti della Chiesa stessa, facendo leva sulla grande forza di volontà e l'insospettabile potenzialità di molti giovani musicisti disposti a dedicare il loro tempo prezioso all'arricchimento della liturgia. 

Sono convinto che Lei non manderebbe via l'organista a fine messa senza dargli almeno una "regalia", una "mancia". Ma non è questo il giusto tributo che serve a mantenere in vita un essere umano che voglia metter su una famiglia, come Voi ci insegnate. Cosa significa, allora, la frase "Date a Cesare quel che è di Cesare"? Non vale anche per la Chiesa? Dare il giusto tributo, allo Stato così come a chi svolge una professione. E la nostra è una professione, caro Vescovo. Così ci hanno insegnato i nostri padri. E qualcuno dovrà pur riconoscerla prima o poi, non Le pare? 

Altrimenti, se proprio non volete riconoscere quella dell'organista liturgico come una vera professione, Le suggerisco di reintrodurre lo studio della Musica, della teoria, del canto gregoriano, dell'organo in tutti i seminari. Solo in quel caso potrete esigere, dai Vostri accoliti istruiti in tal senso, che svolgano il ministero senza nulla pretendere.

Spero di non averLa offesa in alcun modo, e La saluto cordialmente con la speranza di poter aprire un dialogo costruttivo.


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Alla luce di alcune segnalazioni, la Diocesi di Altamura, in data 3 settembre 2024, ha rettificato il documento relativo all’uso degli organi presso la cattedrale e le due concattedrali della diocesi, con riferimento ai due uffici diocesani competenti per materia.
È stato modificato altresì il genere del documento, titolandolo ‘Disposizioni’ più consono alla natura del documento stesso. A seguire il testo ufficiale completo della rettifica:

Diocesi di Altamura – Gravina – Acquaviva delle Fonti

«Nella Chiesa latina si abbia in grande onore lorgano a canne, strumento musicale tradizionale, il cui suono è in grado di aggiungere un notevole splendore alle cerimonie della Chiesa, e di elevare potentemente gli animi a Dio e alle cose celesti» (Sacrosanctum Concilium, 120).

Considerato che la Cattedrale di Altamura e le Concattedrali di Gravina in Puglia e di Acquaviva delle Fonti sono dotate di monumentali organi a canne di grande interesse storico e artistico, con una amplissima gamma e ricchezza di registri, recentemente oggetto di ingenti e accurati interventi di restauro, si stabilisce quanto segue, al solo scopo di assicurare che tali delicati strumenti musicali di notevole valore vengano adoperati con competenza, passione e responsabilità per realizzare una “musica santa, perché santi sono i riti”1, nel rispetto degli stessi strumenti.

Con il presente provvedimento, pertanto, a cura degli uffici diocesani competenti, sono pubblicate le seguenti

Disposizioni
per la costituzione di un albo di organisti/musicisti

per la Cattedrale di Altamura
e le Concattedrali di Gravina in Puglia e di Acquaviva delle Fonti.

  1. È costituito presso la Cattedrale di Altamura [dora in poi Cattedrale] e le Concattedrali di Gravina in Puglia e di Acquaviva delle Fonti [dora in poi Concattedrale/i] lAlbo degli Organisti/musicisti della Cattedrale e delle Concattedrali.

  2. Potranno essere iscritti allAlbo coloro che sono in possesso del diploma in organo, conseguito presso un Conservatorio o presso una Scuola Diocesana di Organo, coloro che sono in possesso di un diploma di organista liturgico rilasciato dall’Ufficio Liturgico Nazionale, ovvero coloro che frequentano corsi per strumenti a tastiera presso enti educativi e formativi musicali (Accademie, Conservatori, Licei Musicali), comprovanti il possesso delle adeguate competenze tecnico-pratiche necessarie alluso degli strumenti a tastiera.

Francesco, Discorso alle Scholae Cantorum dell’Associzione Italiana Santa Cecilia, Aula Paolo VI, 28 settembre 2019.

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3. I Candidati dovranno presentare allEnte proprietario della rispettiva Cattedrale o Concattedraledomanda scritta di iscrizione allAlbo, corredata di:

  1. a)  copia del titolo di cui al n. 2 delle presenti Norme;

  2. b)  attestazione scritta da parte del Parroco/Rettore della chiesa dove svolgono

    abitualmente il servizio di organista3;

  3. c)  documentazione attestante altri eventuali titoli ed esperienze in ambito liturgico;

  4. d)  Curriculum vitae.

4.Laccettazione della domanda è subordinata allapprovazione del Direttore dell’Ufficio Liturgico Diocesano e del Responsabile per la Sezione Musica Sacra dellUfficio Liturgico diocesano, sentito il parere del Parroco/Rettore della Cattedrale o Concattedrale. Questi, presa visione della documentazione e, se ritenuto opportuno, dopo l’espletamento di una prova attitudinale costituita da una parte pratica e da un colloquio, conclusasi con esito positivo, potranno decretare liscrizione del candidato allAlbo di cui al punto n.1.

  1. Liscrizione allAlbo permetterà ad ogni Organista di poter prestare il proprio servizio nella Cattedrale o Concattedrale, utilizzando alloccorrenza lorgano ivi presente.

  2. Gli Organisti possono richiedere in qualunque momento la rimozione dallAlbo di tutti o alcuni dei loro dati.

3 settembre 2024

Ufficio per i Beni Culturali e l’Edilizia di Culto Ufficio Liturgico

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Per Altamura e Gravina in Puglia, il Capitolo Cattedrale o Concattedrale; per Acquaviva delle Fonti, l’ente Diocesi.

Qualora il Candidato risultasse privo di adeguata formazione liturgico-musicale, si chiede che possa provvedere a colmare tale lacuna, partecipando a corsi a ciò destinati.



 

domenica 23 giugno 2024

Decreto del Vescovo riguardo la Musica Sacra nella Liturgia

L'organo della chiesa concattedrale di Sanremo




Decreto del Vescovo 
riguardo la 
Musica Sacra nella Liturgia



Antonio Suetta
Vescovo di Ventimiglia - San Remo


Visto il can. 835 §1: "Esercitano la funzione di santificare innanzitutto i Vescovi, che sono i grandi sacerdoti, i principali dispensatori dei misteri di Dio e i moderatori, i promotori e i custodi di tutta la vita liturgica nella Chiesa loro affidata.";

Visto il can. 838 §§ 1-4: 1:
"§ 1. Regolare la sacra liturgia dipende unicamente dall'autorità della Chiesa: ciò compete propriamente alla Sede Apostolica e, a norma del diritto, al Vescovo diocesano.
§ .2 È di competenza della Sede Apostolica ordinare la sacra liturgia della Chiesa universale, pubblicare i libri liturgici, rivedere gli adattamenti approvati a norma del diritto dalla Conferenza
Episcopale, nonché vigilare perché le norme liturgiche siano osservate ovunque fedelmente.
§3. Spetta alle Conferenze Episcopali preparare fedelmente le versioni dei libri liturgici nelle lingue correnti, adattate convenientemente entro i limiti definiti, approvarle e pubblicare i libri liturgici, per le regioni di loro pertinenza, dopo la conferma della Sede Apostolica.
§ 4. Al Vescovo diocesano nella Chiesa a lui affidata spetta, entro i limiti della sua competenza, dare norme in materia liturgica, alle quali tutti sono tenuti.";

Vista la Costituzione Conciliare Sacrosanctum Concilium ai nn.
41: "Il vescovo deve essere considerato come il grande sacerdote del suo gregge: da lui deriva e
importanza alla vita liturgica della Diocesi che si svolge intorno al vescovo, principalmente nella chiesa cattedrale, convinti che cè' una speciale manifestazione della Chiesa nella partecipazione piena e attiva di tutto il popolo santo di Dio alle medesime celebrazioni liturgiche, soprattutto alla medesima eucaristia, alla medesima preghiera, al medesimo altare cui presiede il vescovo circondato dai suoi sacerdoti e ministri.";
116: "La Chiesa riconosce il canto gregoriano come canto proprio della liturgia romana; perciò nele azioni liturgiche, a parità di condizioni, gli si riservi il posto principale. Gli altri generi di musica sacra, e specialmente la polifonia, non si escludono affatto dalla celebrazione dei divini uffici, purché rispondano allo spirito dell'azione liturgica, a norma dell'art. 30.";
e 120: "Nella Chiesa latina si abbia in grande onore l'organo a canne, strumento musicale tradizionale, il cui suono è ni grado di aggiungere un notevole splendore alle cerimonie della Chiesa, edi elevare potentemente gli animi aDio ealle cose celesti. Altri strumenti, poi, si possono ammettere nel culto divino, a giudizio e con il consenso della competente autorità ecclesiastica territoriale, a norma degli articoli 22-2, 37 e 40, purché siano adatti all'uso sacro o vi si possano adattare, convengano alla dignità del tempio efavoriscano veramente l'edificazione dei fedeli.";

Visto il Decreto Conciliare Christus Dominus al n. 15: "Nell'esercizio del loro ministero di santificazione, i vescovi si ricordino bene di essere stati scelti di mezzo agli uomini e di essere stati investiti della loro dignità per gli uomini ni tutto ciò che si riferisce a Dio, affinché offrano doni e sacrifici per i peccati. Infatti i vescovi hanno la pienezza del sacramento dell'ordine; e da loro dipendono, nell'esercizio della loro potestà, sia i presbiteri, che sono stati anch'essi consacrati veri sacerdoti del Nuovo Testamento perché siano prudenti cooperatori dell'ordine episcopale, sia i diaconi, che ni unione col vescovo ed al servizio del suo presbiterio sono destinati al ministero del popolo di Dio. I vescovi perciò sono i principali dispensatori dei misteri di Dio e nello stesso tempo organizzatori, promotori e custodi della vita liturgica nella Chiesa loro affidata.
Metano perciò ni opera ogni loro sforzo, perché i fedeli, per mezzo della eucaristia, conoscano sempre più profondamente e vivano il mistero pasquale, per formare un corpo più intimamente compatto, nell'unità della carità di Cristo. «Perseveranti nella preghiera enel ministero della parola » (Al 6,4) pongano ogni loro impegno, perché tutti quelli cl sono affidati alle loro cure siano concordi nel preghiera e perché, ricevendo i sacramenti, crescano nella grazia e siano fedeli testimoni del
Signore.
Nella loro qualità di maestri di perfezione si studino di fare avanzare nella via della santità i loro sacerdoti, i religiosi e i laici, secondo la particolare vocazione di ciascuno (26) ricordino tuttavia di esse tenuti a dare essi per primi esempio di santità, nella carità, nell'umiltà e nella semplicità della vita. Conducano el Chiese loro affidate a tal punto di santi che ni esse siano pienamente manifestati i sentimenti della Chiesa universale di Cristo. Di conseguenza cerchino di incrementare più che sia possibile le vocazioni sacerdotali e religiose, e in modo particolare quelle missionarie.";

Visto il Direttorio per al vita e il ministero dei Vescovi Apostolorum Successores ai nn. 145-146:
"Il Vescovo, moderatore della vita liturgica diocesana. Come Pontefice responsabile del culto divino nella Chiesa particolare, il Vescovo deve regolare, promuovere e custodire tutta la vita liturgica della Diocesi.
Dovrà perciò vigilare perché le norme stabilite dalla legittima autorità siano attentamente osservate e in particolare ciascuno, tanto i ministri come ifedeli, svolga l'incarico che gli spetta e non altro, senza mai introdurre cambiamenti nei riti sacramentali o nelle celebrazioni liturgiche secondo preferenze osensibilità personali (427).
Compete al Vescovo dettare opportune norme in materia liturgica, che obbligano tutti nella Diocesi, sempre nel rispetto di quanto abbia disposto il legislatore superiore. Tali norme possono riferirsi, tra l'altro:
- alla partecipazione dei fedeli laici alla liturgia;
- all'esposizione dell'Eucaristia da parte dei fedeli laici, quando il numero dei ministri sacri risulti
insufficiente;
- alle processioni;
- alle celebrazioni domenicali della liturgia della Parola, quando manca il ministro sacro o vi sia un grave impedimento a partecipare alla celebrazione eucaristica;
- alla possibilità per i sacerdoti di celebrare due messe al giorno per giusta causa o, es lo richiede la necessità pastorale, tre messe nelle domeniche e nelle feste di precetto;
- rispetto alle indulgenze, il Vescovo ha il diritto di concedere indulgenze parziali ai suoi fedeli.
Il Vescovo saprà valersi dell'aiuto di uffici o commissioni diocesane di liturgia, di musica sacra, di arte sacra, ecc., che offrano un prezioso sostegno per promuovere il culto divino, curare la formazione liturgica dei fedeli efomentare nei pastori di anime un interesse prioritario per tutto ciò che riguarda la celebrazione dei divini misteri.
Dignità del culto divino. Giacché la liturgia costituisce il culto comunitario e ufficiale della Chiesa, come Corpo mistico di Cristo, costituito dal capo e dalle sue membra, il Vescovo vigili attentamente perché venga celebrata con il dovuto decoro e ordine. Dovrà quindi vigilare sul decoro degli ornamenti e oggetti liturgici, perché i ministri ordinati, gli accoliti e i lettori si comportino con la necessaria dignità, e i fedeli partecipino ni modo "pieno, cosciente e attivo", e tutta l'assemblea eserciti la sua funzione liturgica.
La musica sacra occupa nel culto un posto importante per dare rilievo alla celebrazione e suscitare una risonanza profonda nei fedeli; deve essere sempre unita alla preghiera liturgica, distinguersi per la sua bellezza espressiva ed adeguarsi all'armoniosa partecipazione dell'assemblea nei momenti previsti dalle rubriche.";

Vista l'Esortazione Apostolica post-sinodale Sacramentum caritatis al n. 39:
"Se è vero che tutto il Popolo di Dio partecipa alla Liturgia eucaristica, tuttavia ni relazione alla corretta ars celebrandi un compito imprescindibile spetta a coloro che hanno ricevuto il sacramento dell'Ordine. Vescovi, sacerdoti e diaconi, ciascuno secondo il proprio grado, devono considerare la celebrazione come loro principale dovere. Innanzitutto il Vescovo diocesano: egli infatti, quale «primo dispensatore dei misteri di Doi nella Chiesa particolare a lui affidata, è al guida, il promotore e il custode di tutta la vita liturgica». Tuto ciò è decisivo per la vita della Chiesa particolare non solo ni quanto la comunione con il Vescovo è la condizione perché ogni celebrazione sul territorio sia legittima, ma anche perché egli stesso è il liturgo per eccellenza della propria Chiesa. Alui spetta salvaguardare la concorde unità delle celebrazioni nella sua Diocesi. Pertanto deve essere «impegno del Vescovo fare in modo che i presbiteri, i diaconi e i fedeli comprendano sempre più il senso autentico dei riti e dei testi liturgici e così siano condotti ad un'attiva e fruttuosa celebrazione dell'Eucaristia». In particolare, esorto a fare quanto è necessario perché el celebrazioni liturgiche svolte dal Vescovo nella Chiesa cattedrale avvengano nel pieno rispetto dell'ars celebrandi, in modo che possano essere considerate come modello da tutte le chiese sparse sul territorio.";

Visto l'Ordinamento generale del Messale Romano al n. 41:
"A parità di condizioni, si dia la preferenza al canto gregoriano, in quanto proprio della Liturgia romana. Gli altri generi di musica sacra, specialmente la polifonia, non sono affatto da escludere, purché rispondano allo spirito dell'azione liturgica efavoriscano la partecipazione di tutti ifedeli. Poiché sono sempre più frequenti le riunioni di fedeli di diverse nazionalità, è opportuno che sappiano cantare insieme, ni lingua latina, e nele melodie più facili, almeno el parti dell'ordinario della Messa, specialmente il simbolo della fede e la preghiera del Signore.";

Visto il Sussidio della Conferenza Episcopale Italiana "Un messale per le nostre assemblee. La terza edizione italiana del Messale Romano: tra Liturgia e Catechesi", Precisazioni I, n. 2, p. 89: "Per quanto riguarda il sostegno strumentale, si usi preferibilmente l'organo a canne o, con il consenso dell'Ordinario, sentita la Commissione di liturgia e musica, anche altri strumenti che siano adatti all'uso sacro o che vi si possano adattare (cfr. CS 120). La musica registrata, sia strumentale sia vocale, non può essere usata durante la celebrazione liturgica, ma solo fuori di essa per la preparazione dell'assemblea. Si tenga presente, come norma, che nel canto liturgico deve risuonare la viva voce di ciascuna assemblea del popolo di Dio, la quale esprime nella celebrazione la propria


con il presente DECRETO


STABILISCO

che, a partire dalla data odierna e fino alla Solennità di Pentecoste del prossimo anno 2025 (8 giugno), si attivi in ogni comunità parrocchiale un percorso di formazione teorica e pratica inerente alla musica sacra per al liturgia.

In particolare segnalo iseguenti punti:
- conoscenza e adeguamento al repertorio nazionale dei canti per la liturgia;
- uso di strumenti musicali diversi dall'organo.


AFFIDO

al Servizio Diocesano per la Musica Sacra e al Dipartimento di Musica Sacra "Can. Giuseppe Maria Gogioso" eretto presso l'Istituto Teologico Pio XI il compito di:
- organizzare corsi di formazione diocesani e vicariali;
- censire igruppi corali parrocchiali;
- incontrare i principali gruppi corali al fine di fornire indicazioni operative e accompagnare li percorso formativo, interagendo soprattutto con i singoli direttori e/o responsabili di coro e con i singoli musicisti.

Scopi del percorso formativo sono:
sostenere al crescita delle conoscenze e delle qualità musico-liturgiche dei gruppi corali e dei gruppi musicali;
regoalet dael ari espereinze idsiali dialisi ai oroine une preseni uls teri mi peigai esclusivamente ni aggiunta all'organo e mai ni sostituzione di esso, salvo casi particolari previsti dalla normativa universale e particolare, o autorizzati di volta ni volta preventivamente e motivatamente dall'Ordinario diocesano.

Dalla Solennità di Pentecoste del prossimo anno 2025 (termine del percorso formativo teorico e paio) esuiderioni operavite,ni argoi vela or una di esampalre i,Dinoseci onos nfido'ra strettamente tenuti al Parrocchia N. S. Assunta (Cattedrale) ni Ventimiglia, al Parrocchia Basilica di San Siro (Concattedrale) ni Sanremo e li Seminario Diocesano "Poi XI" ni Sanremo.

Quanto al repertorio dei canti fanno eccezione, limitatamente ale celebrazioni particolari di Associazioni, Gruppi eMovimenti, irepertori specifici approvati dalla Santa Sede odalla Conferenza Episcopale Italiana.

Quando all'uso di strumenti musicali diversi dall'organo e utilizzati senza lo stesso, saranno previste eccezioni per occasioni particolari (gite, campi scuola, ecc.).

Le eccezioni di cui sopra saranno sempre concordate con l'Ordinario o con l'Ufficio di Musica Sacra.

Confido che queste indicazioni operative vengano accolte con sapiente docilità, avendo come
serviziomialeraidelacoelnationdidpiomiidconsgrandeomcealbiliai soleita dela liturgia, oltre ad essere lode a Dio, costituiscano il primo e più efficace contesto di evangelizzazione e che, secondo l'antico adagio "elx orandi elx credendi", l'attenzione e al cura dedicate al canto sacro concorrono acustodire eatrasmettere integro li patrimonio della fede.


Sanremo, 19 maggio 2024. Solennità di Pentecoste.

+ Antonio SUETTA , Vescovo di Ventimiglia - San Remo



 

mercoledì 1 maggio 2024

A quando la risurrezione del CANTO GREGORIANO ?! ...


L'illustre gregorianista Giacomo Baroffio (foto di Lorenzo Palmero)



A CHE PUNTO DI TROVA IL CANTO GREGORIANO?




*2000 nuova panoramica geopolitico-culturale*

Prima irriso, poi emarginato, infine eliminato: questo è il destino del CANTO GREGORIANO che getta un’ombra gelida sull’operato della Chiesa dopo la presa di posizione netta di papa Sarto, Pio X, con il Motu Proprio del 1903 sulla musica sacra.

Si sono moltiplicate parole ma insufficiente è stato l’impegno sul piano concreto operativo. 

Mentre cessava di risuonare in chiesa, il gregoriano si è diffuso altrove, in contesti talora ambigui. Una patina di estraneità rispetto alla musica di consumo gli ha aperto le porte delle discoteche e di ammucchiate di persone. Lo scenario è velato da ombre tenebrose. Cupo risuona il Dies iræ e con esso anche l’Alleluia, quando al banchetto pasquale si sostituisce la sbornia delle droghe. È quasi il canto del cigno che con crudezza rivela il dramma del figlio prodigo che non trova più il cammino per ritornare dal Padre. ​

Ma è inutile lamentarsi; è necessario chiedersi perché tutto ciò sia accaduto.  E come sia possibile porre un rimedio.

Il canto gregoriano è uno dei capitoli della civiltà occidentale la cui narrazione è tra le più lacunose con risultati nulli o assai incerti. La massima parte degli interessi si concentra su ambiti limitati, con casi estremi come uno studio dedicato a un singolo minuscolo segno notazionale o a un singolo canto. Tali lavori possono essere impegnativi e hanno certamente un valore, ma dovrebbero rientrare in un contesto di interessi assai più ampio, in un costante dialogo costruttivo tra gli addetti ai lavori e agli aspiranti apprendisti (si pensi alle numerose eccellenti tesi di diploma e di laurea). ​

Fino a metà del Novecento ricerche comparative sono state molto trascurate, nonostante lavori pioneristici; basti pensare a Gustav Jakobstahl († 1912), Paul Cagin († 1923), Abraham Zevi Idelsohn († 1938), Karl Ott († 19..), Urbanus Bomm († 1982). 

Solo pochi decenni or sono, un gregorianista che in Italia avesse voluto interessarsi ad altri repertori, nell’orizzonte di una corretta vergleichende Choralwissenschaft, era considerato un traditore della causa e bandito dal dominante cerchio magico. ​Oggi si sta affermando un movimento di interessi e di studi che fanno maturare la speculazione geo-politica, la cui urgenza dipende anche dalle condizioni storiche in cui ci stiamo trovando. 

È frequente sentir parlare di geopolitica, con tutto ciò che i due termini geo e politica suggeriscono nell’affrontare l’analisi dettagliata della situazione globale. Al momento non ci si accontenta più di imporre schemi di comodo per distinguere i singoli elementi in gioco. Su tutto pesa l’inerzia intellettuale che si è adagiata su concetti, il cui significato e uso appare sempre più ambiguo, contrario, talora persino contraddittorio. Parole ‘sacrosante’ come verità, libertà, pace finiscono per essere ingannevoli slogan pubblicitari, evidenti menzogne.

​Per conoscere quanto ancora si può sapere del gregoriano, è necessario allargare l’orizzonte e fare riferimento a tre poli Geo - politico - culturale

​La componente Geo sottolinea il fatto che occorre tenere presente la terra nella sua concretezza e molteplicità di esperienze vissute realmente. Quindi occorre fare un continuo lavoro di zoom tra individuo e comunità, persone e istituzioni.

Politico: il termine sottolinea l’importanza di una visione storica che tenga conto i fatti costituenti, appunto, la polis: la persona con le varie radicazioni nei terreni sociali, economici, diplomatici. ​

Cultura: anche qui emergono varie istanze da tenere presenti, cominciando da quella richiamata dal termine stesso fondamentale cultus, cioè la dimensione spirituale-religiosa dell’esistenza umana. Poi va dato spazio alla cultura in senso ampio e coerente, cioè alla formazione umana e professionale delle singole persone, alla comunicazione nelle molteplici modalità di lingue, segni, numeri... ​

Conoscere il gregoriano presuppone la dimestichezza con quanti lo hanno praticato: dagli anonimi compositori e maestri della tarda antichità e del Medioevo agli intellettuali che si sono occupati principalmente di questioni teoriche e filosofiche. Il repertorio liturgico cantoriale è presente nel mondo cristiano sin dall’inizio, da quando cioè si è innestato sulla tradizione giudaica nella prospettiva di dare risposta alle esigenze manifestate dalla nuova comunità di credenti. La maggiore difficoltà di stendere un affresco adeguato, che permetta di raggiungere una discreta familiarità con il mondo liturgico musicale, è dovuta principalmente alla mancanza di testimoni in grado di fornire dati inequivocabili.​

​Tutta una serie di domande e provocazioni derivano dall’analisi di quanto negli ultimi decenni e ancora oggi abbiamo vissuto e di cui siamo testimoni. È difficile che comportamenti frequenti – sia positivi che negativi – siano isolati e vengano considerati massi erratici casuali nel corso della storia. Anche nel nostro campo purtroppo la storiografia da sempre è condizionata fortemente dall’esito di differenti conflitti. 

In altre parole, ciò che si dice e si tramanda non corrisponde sempre alla situazione reale del tempo e dei luoghi, ma esprime soltanto l’opinione di quanti sono stati considerati i ‘vincitori’. Nelle relazioni interpersonali possono prevalere atteggiamenti scorretti che impediscono l’affermarsi della pars sanior. Difficile da stabilire tra gruppi diversi quale è prioritario, quale minoritario.

*          *          *

​È triste constatare l’emarginazione di avversari messi al bando e ai quali non è permesso di far sentire la propria voce. Ci sono singoli tiranni o gruppuscoli che finiscono per diventare centri di potere ridicoli, ma nefasti. Basti vedere la violenza ostinata dei ‘baroni’ universitari nel troncare la carriera di quanti potrebbero fare ombra al ‘capo’ e alla sua corte sventurata. D’altra parte, nella società umana è difficile che ci sia qualcosa di totalmente bianco o totalmente nero. I punti bianco e nero possono essere forse prevalenti; ma poi c'è tutta una vasta successione di sezioni grigie o di altri colori. ​

Che cosa sappiamo noi realmente della vita quotidiana delle grandi abbazie e nei piccoli monasteri nel passato? 

Uno degli esempi più chiari al riguardo lo fornisce l’abbazia francese di Solesmes. Rifondata nel 1833, presto è diventata un punto di riferimento per tutta la Chiesa cattolica, in particolare per l’attenzione prioritaria rivolta alla liturgia, ogni giorno celebrata con grande decoro, passione, fede. Solesmes è stata inoltre un’accademia culturale di primo ordine, riuscendo a coniugare in modo armonico le tre istanze fondamentali della vita monastica: la preghiera, la lettura, il lavoro. Ciononostante la comunità ha attraversato momenti difficili. Periodicamente ci sono state crisi dovute alla divergenza di opinioni tra i monaci – che avevano assunto la responsabilità di guidare le ricerche sul canto gregoriano – e i monaci subalterni. Le tensioni sono iniziate presto, già nella contrapposizione tra i primi due maestri Joseph Pothier († 1923) e André Mocquereau († 1930). Non c’è da meravigliarsi. Le relazioni interpersonali condizionano spesso la vita dei singoli monaci e dell’intera comunità, com’è avvenuto anche a Pomposa, nel caso drammatico di Guido d’Arezzo († 1050 ca.) costretto a lasciare l’abbazia. 

Chi pensa soluzioni o ipotesi contrastanti le scelte ufficiali, diventa estraneo e straniero in casa propria. ​Un fatto lascia perplessi: che cosa non ha funzionato a Solesmes e in tante comunità religiose e parrocchiali, in molti gruppi e solisti che si esibiscono (sic!) ‘abusando’ malamente del canto liturgico? 

Probabilmente si è sottovalutata la forza distruttrice dell’orgoglio: il veleno – che sembra imprimere energia vitale – ci convince di essere superiori agli altri, mentre in realtà sconquassa e abbruttisce tutta la nostra persona. ​Mi sembra strano che certe notizie negative non siano diffuse. C’è tutta un gamma di silenzi negativi dovuti a complicità e ipocrisia; talora il silenzio rivela superficialità e irresponsabilità oppure pusillanimità e paura. Fatto sta che sono poche le notizie come quella dell’intervento di papa san Gregorio Magno († 604) contro l’esibizionismo fatuo di alcuni diaconi romani.

​Ci deve essere qualche motivo se le ricerche non hanno condotto a risolvere problemi storiografici importanti, a dare una risposta convincente agli interrogativi. Chi ha sentito l’esigenza di un nuovo repertorio cantoriale? Chi ha cantato le prime melodie? Quando? Dove? Come? Perché? ​Un motivo imbarazzante mi sembra di trovarlo sempre nell’orgoglio umano che non alimenta la fiducia reciproca, ma genera frizioni e fratture. Mi sono bastate poche presenze a ‘concorsi’ di canto gregoriano per rendermi conto dello sfacelo di certi eventi, per esempio, il Concorso di Arezzo (per inciso, anche don Giulio Cattin disgustato ha lasciato allora la giuria aretina). “Concorso gregoriano” è un ossimoro: il nome stesso sottolinea l’antagonismo, il desiderio di primeggiare. Il prossimo diviene il con-corrente da superare e umiliare perché non rialzi la testa. In questo ambito va elogiato il Festival di Watou, in Belgio. È esclusa, prima di tutto, ogni forma di competizione. Quando l’ho frequentato, sono rimasto colpito dal dialogo costruttivo tra cantori e partecipanti.

​Temo che singoli cantori e interi cori, sia nelle relazioni interne che in quelle esterne, si lascino condizionare dal proprio orgoglio e contribuiscano così a sgretolare l’edificio corale. Basta pensare alle tante scissioni di compagini cantoriali, all’atteggiamento da ‘prima donna’ anche nei gruppi virili, al clima anarchico e confusionario che fa perdere attenzione e tempo nelle prove (sempre insufficienti).

​L’immersione nella realtà quotidiana di un coro, che ogni giorno intona le melodie nella celebrazione delle Ore e della santa Messa, permette di scoprire varie dinamiche che rientrano nelle previsioni o che possono sorgere impreviste. Si pensi al repertorio e all’occasione che s’affaccia quando qualcuno parla di un brano sentito altrove. Sulle prime c’è attenzione o indifferenza; in seguito può nascere nuovo interesse e si può collaborare insieme per rinnovare il repertorio, avere un canto pronto per qualche occasione particolare.

​In passato l’organizzazione liturgico-musicale era assai articolata, c’erano varie gerarchie da rispettare. Quale è stata la parte dei pueri, degli assistenti, del Maestro negli impegni quotidiani e nell’evoluzione dei repertori in uso, nell’eventuale adattamento di testi o melodie?

​Quale credito dare ai singoli autori, vittime di eventuali pregiudizi? Alcune volte è possibile scoprire dei circoli ermeneutici interessanti che obbligano a modificare il giudizio su fatti o persone di cui si conosceva soltanto un aspetto. 

Caso emblematico è la descrizione minuziosa della liturgia e dei suoi canti proposta da Amalario di Metz († 850). ​Considerato uno dei Padri dell’esegesi allegorica, proprio a causa della molteplicità delle sue interpretazioni ‘fantasiose’, alcune sue testimonianze non sono state prese in seria considerazione. Il confronto con pochi dati forniti dal cerimoniere di San Pietro in Vaticano, il canonico Benedetto nel Liber Politicus (1140 ca.), impone una revisione del giudizio negativo a vantaggio di entrambe le parti. I canti segnalati da Amalario appartengono veramente all'antico repertorio dell’Urbe; l’uso testimoniato da Benedetto nel XII secolo può essere fatto risalire almeno al tempo di Amalario.
 

*Tra pratica e ricerca: il singolo nel contesto comunitario*

Il canto liturgico nel Medioevo è al centro dell’attenzione nelle istituzioni ecclesiastiche dedicate alla formazione dei giovani. Si tratta delle scuole annesse alle cattedrali e ai noviziati dove crescono i futuri monaci. C’è un filo rosso che congiunge questi scuole medievali con felici isole ancora piene di vitalità. Oltre a leggere i testi che illustrano il passato, si può avere un’idea realistica frequentando oggi, per esempio, le scuole di formazione presso le cattedrali inglesi (a London anglicana [St. Paul] e cattolica [Westminster Cathedral]) o una Escolania sopravissuta presso alcune abbazie iberiche. In Italia notevole è l’istituzione moderna del coro annesso alla cattedrale di Lodi.

​Ogni sguardo al passato vissuto conferma alcuni aspetti di un’unica realtà: la presenza della Parola di D-i-o nella nostra esistenza. 

Pertanto: 

​1] il canto gregoriano vive e nasce nella liturgia quale accoglienza della Parola di D-i-o che ogni cantore fa risuonare affinché tutti gli oranti si uniscano a lui e con lui si rivolgano a D-i-o in rendimento di grazie;

​2] corista o solista, poco importa, ogni cantore accoglie dentro di sè – anche se non ha nessun mandato ufficiale – il dono della missione profetica. Pur peccatore e disgraziato, egli dà voce allo Spirito Santo di Gesù. Il cantore non può non cantare, e il suo canto è la Parola di D-i-o;

​3] ogni battezzato vive la Parola, vive della Parola, vive con la Parola. Per necessità interiore ogni battezzato avverte la necessità di approfondire il legame con la Parola, per conoscerla sempre meglio, per poterla vivere nel modo meno inadeguato possibile. Il cantore sente il bisogno di una preparazione supplementare che aiuti a superare le difficoltà presenti nel testo melodico;

​4] ogni cantore, compreso il solista, non vive isolato e non gestisce la sua diaconìa profetica da solo e a suo profitto individuale. Egli è sempre membro della comunità a servizio della quale egli si mette condividendo con gli altri i propri talenti artistici.
 
​Nel momento in cui religiosi e clero hanno abbandonato il gregoriano, la Chiesa ha subito una grave ferita. In attesa che tutti ci convertiamo e siamo in grado di ricominciare da capo la formazione cristiana, possiamo unirci in piccoli focolai virtuali e aiutarci a vicenda. Iniziando di nuovo a cantare e studiare. Sarà il momento fausto della rinascita-resurrezione pasquale.

 ut in omnibus glorificetur Dominus


[aprile 2024; la versione completa di questo articolo si trova nel sito "Organi & organisti"]


sabato 24 febbraio 2024

Per tornare a cantare tutti assieme il «Pater noster»...



Gentili lettori,

eccovi in calce validi motivi per mettere in pratica Sacrosanctum Concilium 54


«Nelle messe celebrate con partecipazione di popolo si possa concedere una congrua parte alla lingua nazionale [...]. Si abbia cura però che i fedeli sappiano recitare e cantare insieme, anche in lingua latina, le parti dell'ordinario della messa che spettano ad essi. [...]»!


Detto ciò, è ovvio che quella desiderata «cura» dovrebbe essere a carico innanzitutto degli eccellentissimi Ordinarii ...

Conoscete voi forse qualche vescovo che, più o meno regolarmente, pontifica in fatto di liturgia?...

Grazie per la cortese attenzione e cordiali saluti.

Paolo Bottini

Cremona, domenica 18 febbraio 2024, prima di Quaresima

* * *

Intervista di Massimo Franco a monsignor Sergio Pagano (prefetto dell'Archivio Apostolico Vaticano) [*]

CHE ERRORE CAMBIARE LE PAROLE DEL PADRE NOSTRO
Se si tratta di spiegarla e interpretarla, ma non si può modificarla a piacere

- Lei cosa pensa dei cambiamenti di toni - qualcuno dice perfino dottrinali - intervenuti negli ultimi anni, l'aggiornamento delle preghiere come il «Pater noster», questa scelta di rivolgersi ai fratelli e alle sorelle...

«Lei sfonda una porta aperta. Io sono, forse, in buona compagnia o forse in minima compagnia, scarsa o nutrita non lo so, ma del tutto perplesso e contrario, per quel che vale la mia opinione, a questo modo di procedere. Tuttavia, è il pensiero di qualcuno che conosce un poco di storia e che studia, e che pensa e che vede i precedenti. Ad esempio: a me ha fatto un grande dispiacere, mi ha dato un'amarezza che resta, il cambiamento deciso dalla Conferenza episcopale itaLiana del Padre nostro in lingua italiana, che è un'assurdità».

- Che cosa le è dispiaciuto? Il cambiamento della formulazione quando si dice, nella preghiera, «non ci indurre in tentazione»?

«Mi è dispiaciuto il modo in cui è stato cambiato il Padre nostro, e anche i termini del cambiamento deliberato.
Anzitutto il modo. Era fino a ieri saggia norma nella Chiesa, e speriamo che torni a esserlo in futuro, che, quando si trattava di ostacoli o difficoltà che si possono incontrare riguardo al testo della Sacra Scrittura, sia greco-latino, sia anche nelle lingue volgari, e che possono causare sconcerto nei fedeli, che prima di cambiare bisognasse sempre spie-gare. Che il passo del Padre nostro "non ci indurre in tentazione", , così tradotto già nelle prime versioni in lingua italia-na, e tradotto ottimamente dal testo latino, fin dal XVI secolo, creasse qualche difficoltà al senso comune dei fedeli che lo recitavano, è cosa scontata».

- Davvero ritiene che sia scontato? Crede che da tempo ci si ponesse e si ponga un problema di interpretazione di quell'espressione?

«Già il cardinale Roberto Bellarmino nel suo Catechismo del 1597 rilevava che c'erano difficoltà a comprendere quel passo. Ma si guardo bene, e con lui Clemente VIII, dal cambiarlo. Prese a spiegarlo. Cito un passo da una recente riedizione del Catechismo: "Non intendo bene quelle parole, non c indurre m ten-tazione; perciocché pare che voglia dire che Dio suol indurre gli uomini in tenta-zione, e noi lo preghiamo che non lo faccia. Indurre in tentazione o sia tentare al male, o sia far cadere in peccato, è proprio del demonio, e non appartiene in conto veruno a Dio, il quale ha in odio grandemente il peccato". Ma secondo il modo di parlare della Scrittura Santa, quando si parla di Dio, indurre in tentazione non vuol dir altro se non permettere che uno sia tentato o sia vinto dalla tentazione. Più chiaro di così. Spiegato così il testo, non occorreva alcun cambiamento, anche in italiano. Per la Sacra Scrittura la Chiesa ha avuto sempre una venerazione, la definisce Parola di Dio. E se è di Dio, come possiamo noi cambiarla? Studiarla, comprenderla, ma non cambiarla. Chi ha operato questo sventurato cambiamento, almeno tale a mio modo di vedere e con il dovuto rispetto, ha studiato le fonti? Si è reso conto della incoerenza scritturale del cambiamento rispetto al passo dei Vangeli sinottici di Matteo, Marco e Luca? Credo si sia perso il senso genuino del testo latino: "L'oro è saggiato dalla fiamma, per vedere se è puro o no; gli uomini, per vedere se sono probi, se sono buoni, devono essere saggiati dalla tentazione". Ma la tentazione non è voluta da Dio per dannare, osserva Bellarmino, o per mettere in difficoltà. Serve per vedere se tu sai stare in piedi o no su un terreno che è franoso. Ma mi lasci fare un ultima considerazione. Anche ai tempi di Galileo, quando lo scienziato pisano chiamava in causa diversi passi della Sacra Scrittura che apparivano a lui, scienziato e cattolico, ormai opporsi al nuovo sistema copernicano, e tali erano in verità, né papa Urbano VIII, né ancora Bellarmino, né la Santa Sede osarono toccare quei passi che avevano un senso letterale antiscientifico. Cosa si fece? Non cambiare, ma spiegare. Preso atto delle ragioni di Galileo, i teologi e gli esegeti ripensarono la dottrina dell'ispirazione dei libri sacri, pur di non toccare quel testo stabilito e sacro. Erravano gli scriventi, non lo Spirito Santo ispiratore della Scrittura. Siamo proprio certi che questo cambio delle parole del Pater sia un progresso? Io, per mio conto, continuo a dire il Pater in latino, così sorpasso a pie pari quel brutto cambiamento».

- Scusi monsignor Pagano: se la CEI ha deciso questo cambiamento lessicale, c'è da credere che il papa l'abbia avallata, no?

«Penso di sì, penso che sia stata avallata, chissà com'è stata giustificata, motivata. Io non sono nessuno, ovviamente, ma torno a ripetere che esprimo solo il mio parere personalissimo, perché mi è lecito esprimere un parere. E da studioso non posso ammettere una traduzione del genere perché tradisce il senso originale dell'orazione insegnataci da Gesù».


[*] Corriere della Sera, 18 febbraio 2024 https://www.pressreader.com/italy/corriere-della-sera-la-lettura/20240218/281844353558261