1) gli organisti siano educati allo spirito liturgico, fonte d'ispirazione della loro missione artistica [ove presenti, percorsi di formazione liturgica per organisti sono semplicemente una proposta, nessun obbligo!];2) nessuno venga ammesso ad esercitare l'ufficio di Organista nelle chiese senza formale autorizzazione delle Autorità Ecclesiastiche [purtroppo, siccome «ogni parroco è papa» - v. http://liturgiaetmusica.blogspot.com/2017/10/anarchia-liturgico-musicale.html -, a nessun prevosto passa per il cervello di rilasciare formale autorizzazione allo strimpellatore domenicale di turno, tanta manna se qualche vescovo ha sottoscritto più o meno formale atto di nomina dell'organista della sua Cattedrale!];3) per la nomina di Organista o di Maestro si segua costantemente la norma e il risultato dei concorsi [nemmeno l'organista "titolare" della basilica di S. Pietro in Vaticano è stato nominato per concorso! Addirittura, ove si facciano bandi, si offre un posto di lavoro... gratuito (come presso la diocesi di Altamura nel 2024)] ;4) anche in Italia sorga la Federazione degli Organisti Italiani, aggregata all'Associazione Italiana Santa Cecilia [risulta invece essere incorporato nell'AISC un mero "segretariato organisti"; tra il 1994 e il 2011 esisteva la "Associazione Italiana Organisti di Chiesa", sodalizio uscito dagli auspici di alcuni convegni organistici promossi dall'Accademia di Musica Italiana per Organo di Pistoia]5) i Comuni d'Italia, rievocando e rinnovando l'espressione di antiche provvidenze dei padri, restaurino nel bilancio annuale una equa dotazione per la Cappella musicale, focolare di cultura oggi come già un tempo, decoro d'arte ed espressione di fede [!]
Liturgia & Musica
a cura di Paolo Bottini
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«Ognuno chiede in qual modo cantare a Dio. Canta a Lui, ma canta bene. Egli non vuole che le sue orecchie siano offese. Canta bene, fratello.» (S. Agostino, Esposizioni sui salmi, Commento secondo al salmo 32, paragrafo 8)
Liturgia & Musica
Questo spazio nasce dalla mia esperienza di moderatore della mail circolare "Liturgia&Musica", avviata nel dic. 2005 per conto della “Associazione Italiana Organisti di Chiesa” (di cui fui segretario dal 1998 al 2011) al fine di tener vivo il dibattito intorno alla Liturgia «culmine e fonte della vita cristiana» e al canto sacro che di essa è «parte necessaria ed integrante» unitamente alla musica strumentale, con particolare riferimento alla primaria importanza dell'organo.
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venerdì 17 gennaio 2025
Per una regolamentazione (ecclesiale) dell'ufficio di Organista nelle chiese
giovedì 2 gennaio 2025
Nel trentennale dell'Associazione Italiana Organisti di Chiesa (1994-2024)
Giusto trent'anni or sono (settembre 1994) si costituiva a Pistoia l'Associazione Italiana Organisti di Chiesa con lo scopo precipuo di far riconoscere professionalmente (e quindi economicamente) il ruolo di organista liturgico (il primo presidente in carica fu Edoardo Bellotti) : il venir meno di questo scopo - dopo la disfatta della mancata firma del Contratto Nazionale di Lavoro per Musicisti di Chiesa nel 2002 - l'ha portata al progressivo dissolvimento per inedia!
Dopo il recente clamoroso caso di Altamura (in cui il vescovo diocesano ha bandito il posto di organista titolare della Cattedrale in cambio di un semplice «grazie»!) v'è da chiedersi se non siano magari giunti tempi migliori per poter pensare ad un nuovo sodalizio che possa stimolare efficaci intese tra Stato e Chiesa riguardo l'inquadramento lavorativo di coloro che hanno l'ardire di concludere un percorso accademico AFAM in organo...
Intendo dire, se i vescovi italiani non hanno (più) alcun interesse ad avvalersi di musicisti professionalmente competenti, quanto meno vedano di scoraggiare definitivamente l'istituzione di corsi AFAM in Organo per la Liturgia, che tutt'oggi sussistono in qualche Conservatorio, altrimenti si cade nell'ingenua sfacciataggine (!) del vescovo di Altamura (v. sopra)!
Ormai nel 2015 io proponevo la costituzione di un nuovo sodalizio di organisti professionisti: molti aderirono con entusiasmo... ma, si sa, quando è il caso di mettere in opera il motto "res, non verba"...
Grazie sempre per la vostra cortese attenzione e auguri di buona musica a tutti!
Paolo Bottini
Cremona, 8 settembre 2024
venerdì 20 dicembre 2024
Il grave scandalo di escludere dal culto un organo a canne... dopo averlo restaurato!
Il maestro organaro Ugo Cremonesi durante il montaggio delle canne di mostra dell'organo della Pieve di Soncino (CR) |
[...] entrare nel santuario è penetrare i misteri divini. [...] Mentre architettura ed arti figurative si occupano di delineare significativamente il luogo fisico in cui il divino si rivela, l'organo con la sua voce costruisce una condizione non fisica, ma emozionale, nella quale si realizza l'incontro tra la terra e il cielo, fedelmente a quanto rammentato nelle scritture circa la non fisicità del tempio: "una tenda più grande e più perfetta, non costruita da mano di uomo" (Paolo, Eb 9, 11-14). Lo stesso concetto si trova varie volte anche nell'Apocalisse di Giovanni (Ap 7, 14-17; 21, 22; 22, 1).
(storico dell'arte presso la Soprintendenza ai B.A.P.P.S.A.D. per l'Abruzzo)
domenica 15 dicembre 2024
L'inno "Lauda Sion - Christus vincit" di Federico CAUDANA
«Caudana era eminentemente popolare: era la strada a cui l'avevano avviato i suoi primi educatori salesiani. Se scriveva per il popolo, ne uscivano canti che facevano subito colpo tra la massa. Basterebbe pensare al suo Lauda Sion e ai vari pezzi del Congresso Eucaristico del 1924. Se invece scriveva per la schola, le sue musiche miravano sempre ad essere comprese dal popolo».
«Ormai è divenuto popolarissimo in molte diocesi - scrive Caudana a Carrara - e conviene farlo conoscere maggiormente con molta reclame. Il vescovo di Cremona desidererebbe farlo diventare canto ufficiale dei Congressi Eucaristici e mi pare stia facendo delle pratiche in proposito. Non sarebbe il caso di stampare la parte canto e organo separatamente dagli altri tre [inni]? [...] Desidero fare bella figura io, ma voglio che la faccia anche Lei come editore».
Nel contempo Caudana considerava, forse un po' amaramente, che «[il mio Lauda Sion] anche qui è stato eseguito migliaia di volte e non ho mai preso un ghello» e che, quindi, «se mi dovessero pagare in ragione delle volte che è stato eseguito il mio 'Lauda Sion' potrei comperarmi, se non l'automobile, almeno un carretto con il ciuccio».
«Le bande del cremonese suonano quasi tutte gli inni miei da te pubblicati come marcie religiose nelle processioni e non so se hanno pagato: mi informerò presso l'agente dei diritti d'autore. Gli altri editori hanno pochissime marce religiose. [...] Mi pare quindi che tu facendo reclame dovrebbero eseguire quelle della tua edizione che sono belle».
Tuttavia all'epoca, quanto meno e a differenza di oggi, riguardo ai diritti d'autore per le musiche eseguite in chiesa
«a Cremona e diocesi [le parrocchie] pagano tutte con una tassa fissa dal minimo di lire 10 a 50 all'anno, per la musica eseguita sull'organo. Quando però vi sono funzioni straordinarie, come uffici funebri (con messa da morto coi cantori) pagano altra tassa».
Tornando agli inni eucaristici caudaniani, la possibilità di un largo impiego dei medesimi abbiamo visto stare molto a cuore sia all'autore che, ancor di più, all'editore Carrara:
«Ti ringrazio tanto per aver pensato di far reclamare al mio "Lauda Sion" mettendo sull'"Araldo" [di gennaio] e consigliandolo come il canto dei pellegrini per l'anno santo. Dovresti scrivere al Presidente dei Congressi Eucaristici mons. Angelo Bartolomasi vescovo [Ordinario Militare a Roma] (mio buon amico d'infanzia) che faccia passare il suddetto inno ufficiale dei Congressi. [...] A proposito di inni eucaristici ti prego di un favore: il vescovo di Andria (Bari) [mons. Ferdinando Bernardi] mio compaesano ed amico mi ha scritto in questi giorni domandandomi copia dei miei inni eucaristici "Lauda Sion" e Al SS. Sacramento (Qual regni tra i nimbi) e Pange Lingua, perché desidera che vengano eseguiti al prossimo Congresso che faranno nella sua Diocesi. Io non ne ho copia: ti prego di farne spedire una copia di tutti per canto e organo».
Carrara provvede e Caudana rincalza: «Ti ringrazio delle copie "Lauda Sion" che mi hai mandato e delle copie che hai mandato a mons. Bartolomasi [...]: gli scriverò insistendo perché faccia passare presto come inno ufficiale dei Congressi Eucaristici il Lauda Sion e sarà bene che scriva anche tu».
L'opera di divulgazione 'nazionale' viene innescata nel marzo 1933: «Domani mi troverò a pranzo col mio vescovo mons. Cazzani e con mons. Bartolomasi. Tirerò in ballo il mio "Lauda Sion"» e infatti nel 1934 l'Ordinario Militare monsignor Angelo Bartolomasi scrive a Caudana notando con piacere la grande diffusione del Lauda Sion, desiderando contribuire ad una maggiore ulteriore diffusione come inno ufficiale in tutti in congressi eucaristici e pregando Caudana di inviargliene dieci copie. Infine, giusto a testimonianza del grande successo popolare del Lauda Sion e degli altri canti sopra citati, ecco una breve cronaca della festa del Corpus Domini 1933 a Cremona:
«Ho terminato ora la funzione in cattedrale: processione magnifica. Il mio Lauda Sion ed il mio Pange lingua hanno trionfato: il coro formato da tutto il seminario e da due altri Istituti (circa 300 cantori) accompagnati benissimo dalla Banda Cittadina composta da 65 ottimi elementi, ha fatto un grande effetto. Giunti in piazza del duomo (gremitissima) tutto il popolo cantava con entusiasmo i due canti. Una cosa veramente commovente».
La fama del Lauda Sion caudaniano raramente veniva oscurata:
«Hai fatto bene proporre l'inno di Donini al Congresso di Fermo, ma sarà difficile che lo accettino perché in ogni regione vi è il compositore (quasi sempre un prete) che vuole imporre il suo inno: passa il mio Lauda Sion perché ormai è nel dominio pubblico, altrimenti boicotterebbero anche quello. Non hanno fatto così anche a Crema per il Congresso? Non hanno voluto il Lauda Sion di Caudana perché roba cremonese e non avendo il musicista cremasco capace di fare un inno si sono rivolti al Bambini perché dalle parti di Brescia!!! Ad ogni modo sono contento che cantino il mio e speriamo prendano anche quello di Donini che è molto bello».
venerdì 13 dicembre 2024
Al freddo di queste liturgie (di David Maria Turoldo)
«[...] I morti doppiamente morti / al freddo di queste liturgie; / e ognuno torna alla sua casa / sempre più solo: / non ha più la gioia la gente / di credere. [...]» (David Maria Turoldo in "Questa non è notte", Marietti, Bologna 1989, p. 91)
mercoledì 4 dicembre 2024
Nelle Messe si può usare l'organo... oppure altro strumento che sia però legittimamente permesso!
L'organo "F.lli Lingiardi" (1865) della chiesa parrocchiale arcipretale dello Spirito Santo presso Cremona |
Gentili lettori,
il 4 dicembre 1963 veniva promulgata la costituzione "Sacrosanctum Concilium" sulla liturgia, primo documento ad essere elaborato dai Padri riuniti nel secondo concilio ecumenico vaticano.
Vorrei porre l'accento non tanto sul noto (e sicuramente citatissimo) assunto principale dell'articolo 120 dedicato all'organo a canne [*], bensì sulla seconda parte «[...] Altri strumenti, poi, si possono ammettere nel culto divino, a giudizio e con il consenso della competente autorità ecclesiastica territoriale, a norma degli articoli 22-2, 37 e 40, purché siano adatti all'uso sacro o vi si possano adattare, convengano alla dignità del tempio e favoriscano veramente l'edificazione dei fedeli».
Anche l'istruzione vaticana "Musicam Sacram" del 1967 al n. 65 dichiara «Nelle Messe [...] si può usare l'organo, o altro strumento legittimamente permesso»...
Qui sta il vero busillis: vi sono oggi strumenti musicali ritenuti d'uso "pagano" o addirittura immorale - come denunciavano gli antichi Padri della Chiesa - da ritenersi banditi dal culto divino cattolico?
A me risulta che fino ad oggi nessun Ordinario diocesano (in Italia) abbia mai ufficialmente permesso - ma neppure vietato - l'uso di qualsivoglia strumento musicale!
Sarei grato a chiunque possa smentirmi scrivendo un commento!
Buon Avvento a tutti!
Paolo Bottini
www.paolobottini.it
Cremona, il 4 dicembre 2024
[*] Nella Chiesa latina si abbia in grande onore l'organo a canne, strumento musicale tradizionale, il cui suono è in grado di aggiungere un notevole splendore alle cerimonie della Chiesa, e di elevare potentemente gli animi a Dio e alle cose celesti.
mercoledì 13 novembre 2024
L'inno a sant'Omobono di Federico CAUDANA
Chi canta prega... tre volte! (Giacomo Baroffio su sant'Agostino e la "trina oratio")
Cantate Domino canticum novum |
martedì 22 ottobre 2024
Giovanni Paolo II sulla Musica Sacra
lunedì 7 ottobre 2024
Papa Giovanni XXIII e la musica - di G. Baroffio
Papa Giovanni XXIII e la musica
Esaminare quale sia stata la musica che ha interessato papa Roncalli durante il pontificato (1958-1963), aiuta a comprendere un tratto importante della sua personalità. Innegabile è la sua disponibilità ad ascoltare esecuzioni corali e orchestrali, mentre probabilmente non è stato musico attivo. Non risulta, infatti, che abbia imparato a suonare uno strumento. Non gli sono mancate occasioni per ascoltare concerti, di gustare la serenità emergente da emozioni profonde. Non si ascolteranno, tuttavia, da papa Roncalli riflessioni che affiorano dal cuore di Benedetto XVI (1927-2022). Il papa bavarese ha affinato la sua personalità grazie alla familiarità con le composizioni di maestri quale Wolfgang A. Mozart (1756-1791). Sulle virtù della musica, dono prezioso di D-i-o, papa Ratzinger si è espresso in molte occasioni.
Su questo punto, il silenzio di Giovanni XXIII conferma un fatto: la musica – considerata nel senso corrente e rappresentata dalle grandi tradizioni ‘colte’ e orali ‘popolari’– non ha presentato un apice dei suoi interessi personali. Ciò non deve ingannare e condurre a conclusioni affrettate. Di fatto, sin da giovane Angelo G. Roncalli si è trovato in un clima spirituale molto particolare, oggi ignoto ai più – quello del seminario e del percorso formativo sacerdotale – secondo gli usi diffusi nei luoghi di formazione italiani.
formazione e radicazione
La formazione del giovane Roncalli segue, come c’è da aspettarsi, la tradizione del tempo. Essa è assai diversa da quella odierna; sotto alcuni aspetti sembra riflettere la vita su un altro pianeta. I limiti sociali erano vissuti in un clima di fede che permetteva alle famiglie indigenti di condurre una vita dignitosa sostenuta dalla fede in D-i-o, avvertito vicino e provvidente. Angelo non doveva costituire allora un’eccezione; oggi sembra una reliquia che può lasciare interdetti.
Bambini e ragazzi vivevano nei paesi dove le famiglie – nonostante eventuali eccezioni – si conoscevano, condividevano i frutti degli orti e dei campi. Si entrava in ogni casa e si usciva dopo una visita che durava il tempo giusto. I minuti o le ore permettevano di rinsaldare le amicizie, di offrire un aiuto, ottenere una consolazione. Talora un piatto di minestra, spesso un sorriso.
Diffusa era la preghiera: i luoghi cambiavano secondo le stagioni, al chiuso e all’aperto. Le persone trovavano uno spiraglio che permetteva di condividere la vita di Gesù con i vicini. I ragazzini erano al centro dell’attenzione vigilante degli anziani. I giocattoli erano primitivi, ma aiutavano anche loro a stringere relazioni in continuo commercium del dare e ricevere senza calcoli egoistici.
Oggi basta poco – salire su un bus o camminare in alcune strade – per rendersi conto che quella società non esiste più. Nei paesi le dimore sono sigillate; i condomini nelle città ospitano sconosciuti. I piccoli sono affidati a telefonini e aggeggi con cui talora si trastullano un poco, mentre spesso perdono se stessi nel nulla. Hanno la stanza piena di cose, ma non c’è la presenza costante – sempre leggera, mai opprimente – di una persona amica.
Per comprendere il cammino chiaroscuro percorso dal futuro pontefice, è necessario conoscere il suo mondo interiore, immaginare le sue reazioni: lo sbalordirsi di fronte a tante novità, il gustare la dolcezza di piccoli e ‘insignificanti’ accadimenti che rischiano di non essere percepiti e dei quali si gettano via i frutti più ricchi che stanno sbocciando: l’amore, quasi il culto, della verità, della giustizia, della condivisione gratuita che si ha nel donare il proprio tempo. E poi, vivere con i coetanei nella semplicità che sa riconoscere la gratitudine che si riceve, sa perdonare i torti che, forse senza nessuna malvagità, si è costretti a subire.
Nell’itinerario che porta a D-i-o scopriamo le tracce di Gesù, sentiamo il suo richiamo, avvertiamo l’ebbrezza dello Spirito. Incontriamo finalmente noi stessi per quello che siamo, senza maschere che ci sono imposte o che noi indossiamo per non dovere affrontare le responsabilità che periodicamente vengono a galla, anche quando uno meno se l’aspetta.
Questa dovrebbe essere stata la giovinezza di Angelo. Un tempo segnato dalla consapevolezza dei propri limiti senza che ciò lo spingesse nel vicolo cieco dello smarrimento infantile che paralizza tante vite innocenti abbandonate a se stesse. Il giovane seminarista – grazie agli anni trascorsi a casa nella semplicità calorosa di un ambiente umano ricco di presenze religiose – avverte la responsabilità che deve assumere nel momento.
L’esame di coscienza non si riduce a un meccanismo assurdo di tortura, ma è ciò che deve realmente essere: una conoscenza capillare, mai pignola, del nostro agire, quale rivelazione del nostro pensare e decidere nel profondo del cuore, nella intuizione libera e liberante, nell’ascolto della mente razionale e, ancor prima, del cuore.
Nell’attraversare il mondo della pietà popolare, Angelo prende notizia e si ritrova inserito nello spazio liturgico. Quanto non comprende direttamente dalla lingua latina gli è rivelato dalla reazione vissuta nell’ambiente rurale: lo sguardo verso il tabernacolo, la corona del Rosario sgranata che si muove e s’arresta per fare spazio all’ascolto di quanto viene rivelato ai semplici senza che siano necessarie formule complesse, talora aride e lontane. Il ragazzo si muove sotto lo sguardo del parroco e delle anziane verso i cui occhi egli presta attenzione fino a scorgere un lampo che segnala che cosa deve fare, dove andare. Senza saperlo sta diventando un compagno fedele di Gesù. Si sente pronto a servirlo. Non stacca più lo sguardo dalla mano del Signore e della Madonna: prima ancora di conoscere l’esperienza del salmo, egli vive e si dona pienamente al suo Signore e Maestro.
Questo primo percorso nella sequela Christi segna e orienta in modo indelebile il suo futuro nella Chiesa. Giuseppe Ormenese ha esposto in modo chiaro la Vita virtuosa cogliendo vari aspetti che aiutano ad avvicinarci al modo con cui Roncalli ha accolto e fatto fruttificare il dono di D-i-o.
La professione della fede è stata favorita dal superamento di una pietà che aveva superato il diffuso rigorismo con l’affermazione di un’esperienza di sentimenti vissuti dalla persona in carne e ossa.
Le prime note effettivamente personali del 1895 riportano il proposito di «assistere con particolare e straordinaria penetrazione interna e fede alla santa messa» e un anno dopo quello «di non accostarmi mai ai santi sacramenti per usanza o con freddezza e di non impiegare mai meno di un quarto d’ora nel prepararmi». Le molteplici distrazioni o il mancato raccoglimento sono però il motivo dominante del periodo e i rimedi adottati fanno riferimento all’impiego di frequenti giaculatorie, intese come mezzi per ottenere «l’intima unione con Gesù... e Maria». È in tale contesto che il diciottenne Roncalli tematizza la scissione tra pietà interna ed esterna: «il più che io mi debbo procurare è una pietà interna, della quale l’esterna non è che una veste; pietà che si fondi sull’umiltà vera, della quale ho un grandissimo bisogno», segnalando in tal modo non solo un bilancio della propria spiritualità ma, in maniera indiretta, anche il dilemma che investiva la pratica cultuale tesa tra paradigma devoto e aspetto cerimoniale, avvertito quest’ultimo come significativo sul versante esteriore della corretta esecuzione, del portamento e della testimonianza da rendere agli altri.