Liturgia & Musica

Questo spazio nasce dalla mia esperienza di moderatore della mail circolare "Liturgia&Musica", avviata nel dic. 2005 per conto della “Associazione Italiana Organisti di Chiesa” (di cui fui segretario dal 1998 al 2011) al fine di tener vivo il dibattito intorno alla Liturgia «culmine e fonte della vita cristiana» e al canto sacro che di essa è «parte necessaria ed integrante» unitamente alla musica strumentale, con particolare riferimento alla primaria importanza dell'organo.

______________

lunedì 30 dicembre 2019

Il Maestro di Cappella nel XXI secolo ...

«[...] Bisogna recuperare la figura del Maestro di Cappella, musicista professionista e compositore, in grado di produrre nuova musica sacra, di cui abbiamo tanto bisogno.
È inutile istituire commissioni, scrivere documenti, promuovere iniziative a livello nazionale o addirittura universale se poi non ci sono musicisti in grado di recepire, portare avanti e sviluppare eventuali direttive. Si punti piuttosto ad avere una folta schiera di professionisti che propongano nuove soluzioni, nuove composizioni, sarà poi la storia a selezionare quelle più riuscite.
Infine, mi si consenta, si tengano il più possibile fuori i preti da queste questioni. Pensino piuttosto a cantare la messa, cosa che non fa più quasi nessuno, e lascino ai laici quei compiti che possono assolvere e per i quali magari hanno sacrificato una vita di studio». [Federico Michielan su connessiallopera.it]


domenica 17 novembre 2019

Il progetto "Canto e Catechesi" di A. Gasperi presentato al card. Ravasi



Gentili lettori,

di recente in Vaticano si è svolto il terzo convegno che il cardinale Gianfranco Ravasi (presidente del Pontificio Consiglio della Cultura) ha desiderato promuovere per sollecitare un dialogo necessario sull' "oggetto" musica sacra.

Il titolo del convegno era "Chiesa, Musica, Interpreti: un dialogo necessario": ospiti da diversi continenti, relazioni, approfondimenti, poi l'appuntamento con i Vespri in Cappella Sistina l'8 novembre, infine sabato 9 novembre - a fine lavori - l'udienza dei partecipanti con il Papa.

Sono dell'idea che questi convegni siano sostanzialmente inutili se non vi saranno direttive ufficiali affinché il canto e la musica per il culto non verranno affidati a professionisti debitamente formati (e di conseguenza regolarmente pagati): diversamente, anche un'enciclica papale che incoraggi la regolamentazione della musica per la liturgia non avrebbe che rari riscontri se non contenesse gli "ordini" affinché almeno nelle chiese cattedrali di ogni diocesi del mondo vi sia un musicista regolarmente pagato per svolgere a tempo pieno il lavoro al quale ha dedicato anni di studi professionalizzanti!

Parallelamente vi sono persone, come il M° Antonio Gasperi di Trento, che non attendono "ordini" dall'alto ma, umilmente, si adoperano affinché semi buoni cadano per terra...

Vi consegno qui in calce la lettera che il Maestro, autore del progetto "Canto e Catechesi", ha consegnato al cardinale Ravasi in occasione del citato convegno.

Tenendo conto che il seminatore non può mai sapere se proprio tutti i semi da egli gettati diverranno una pianta che porta frutto...

Grazie sempre per la vostra cortese attenzione e cordiali saluti.



Cremona, domenica 17 novembre 2019


* * *

Al Presidente
"Pontificium Consilium De Cultura"
Sua Eminenza RAVASI card. Gianfranco

Eminenza,

sono Antonio Gasperi, musicista ed ex insegnante al Conservatorio Bonporti di Trento.
Lo scorso autunno, in occasione del Convegno Musica e Compositori, ho presentato a grandi linee il progetto “Canto e Catechesi”, piccola scuola di formazione musicale rivolta ai ragazzi che frequentano la Catechesi parrocchiale.
Finalità primaria di questo progetto è la formazione musicale a indirizzo corale dei fanciulli a partire dai sei anni di età. Sappiamo purtroppo che questo tipo di formazione non è previsto nei programmi curriculari della scuola primaria di Stato. Il corso “Canto e Catechesi”, che è stato avviato all’indomani del Convegno stesso nella parrocchia dove svolgo il mio volontariato, prevede lo studio di un repertorio musicale diversificato che va dal canto popolare infantile, al canto cosiddetto didattico, finalizzato cioè all’apprendimento, in forma elementare, dei concetti fondamentali della grammatica e della sintassi musicale. Il corso prosegue con il canto d’autore e si completa con i canti – preghiera i quali sono composti espressamente per la voce dei fanciulli. Questi canti, che comprendono le preghiere fondamentali a partire dal segno della croce, sono propedeutici allo studio della salmodia e dei testi sacri.
E da questo vivaio di piccoli cantori, di cui fa parte qualche allievo con genitori di origine non italiana, è nato spontaneamente, su richiesta degli stessi allievi, il desiderio di imparare a suonare uno strumento. Dopo un periodo preparatorio, i candidati sono stati ammessi ai corsi diocesani di musica sacra che ora frequentano con buoni risultati.
A margine di questa mia esperienza ho capito quanto sia importante seguire personalmente gli stessi allievi al fine di garantire loro una buona assimilazione del metodo di studio e di sostenerli nella scelta specifica.
Il progetto “Canto e Catechesi” è stato proposto in particolar modo come surrogato della Schola Cantorum, istituzione che anche nella nostra Diocesi Trentina soffre di abbandono. E, se a questa triste condizione si unisce la realtà dei cori parrocchiali, la cui età media anagrafica è piuttosto avanzata, viene legittimo chiedersi se il coro liturgico, in un prossimo futuro, sarà ancora in grado di operare.
Sappiamo che nelle nostre chiese le celebrazioni liturgiche sono spesso animate da formazioni corali giovanili sostenute da complessini strumentali. Tali formazioni hanno di solito una breve durata e affiancano il coro parrocchiale in determinate circostanze liturgiche.
Molti si chiedono come possa conciliarsi con le finalità del canto sacro, e cioè “dare lode a Dio e contribuire alla santificazione dei fedeli”, la musica del repertorio giovanile quasi fosse musica di intrattenimento e perciò inadeguata allo stile della musica liturgica.
Purtroppo, il contesto dove queste realtà giovanili, sovente improvvisate, vengono istruite, non risponde in gran parte a un’adeguata formazione culturale ed è soprattutto per questa ragione che tali realtà, oltre ad essere precarie, non presentano segni culturalmente evolutivi.
Per quanto riguarda la mia esperienza relativa al progetto “Canto e Catechesi” posso affermare che, nonostante le difficoltà da affrontare, le strade dell’impegno e della preparazione sono le modalità di lavoro fondamentali ad avvicinare i giovani al canto e alla preghiera. Non va dimenticato inoltre, che a fianco dei giovani allievi ci sono le rispettive famiglie a sostenerli nel loro percorso di approccio alle verità della fede. E’ altresì bello sentire questi fanciulli mentre mi confidano, con ambizione, che in famiglia ripetono i canti che hanno imparato al coro, facendoli così conoscere anche ai propri famigliari. In questo modo la piccola scuola di bambini che canta allarga la sua esperienza nell’ambito della propria famiglia e questo contribuisce a dare il senso di una comunità che si unisce anche attraverso il canto e la preghiera.

È doveroso ricordare che un tempo la Schola Cantorum era il vivaio dove le giovani generazioni iniziavano lo studio della musica a indirizzo liturgico – corale. E all’interno di questo vivaio trovavano la loro prima formazione musicale non solo i futuri componenti il coro parrocchiale, ma anche coloro che sarebbero confluiti nei cori amatoriali, nelle bande e, come è successo a me e a tanti musicisti, coloro che avrebbero proseguito negli studi musicali professionali.
A chiusura di questo mio intervento mi sia permesso rivolgere a Lei, quale Presidente del Pontificium Consilium de Cultura, una preghiera affinché si faccia interprete del grande bisogno di cultura musicale richiesto dalle nostre comunità, un bisogno che potrà essere affrontato soprattutto attraverso la rinascita della Schola Cantorum. Pertanto, chiedo gentilmente che in uno dei prossimi Convegni si possa affrontare il tema della formazione musicale giovanile all’interno della Schola Cantorum.

Antonio Gasperi
Trento, 6 novembre 2019






sabato 31 agosto 2019

Ricordando il sacerdote camilliano e musicista
GIOVANNI MARIA ROSSI
(Milano, 1° settembre 1929 - ivi, 7 febbraio 2004)
in occasione del suo 90° genetliaco


venerdì 12 luglio 2019

L'organista, il coro e il suo direttore: invisibili attori liturgici


Condivido con fermezza quanto segue, estendendolo anche al ruolo dell'organista liturgico (che non dovrebbe mai stare alla vista dell'assemblea... purtroppo oggi non accade più solamente a causa delle consolles elettriche, perché anche certi nuovi organi meccanici - pure di mole considerevole! - vengono collocati a pavimento nel presbiterio o addirittura nella navata della chiesa!):

«Durante la liturgia il coro, e con lui la musica, deve sparire dall'attenzione perché l'assemblea orante non si è riunita per godere uno spettacolo gratificante. L'assemblea è stata convocata dalla Parola per ben altro: ascoltare la Parola e celebrare Cristo nell'adorazione del Padre e nel soffio dello Spirito.» (Giacomo BAROFFIO, Re-tractationes, Chorabooks, Hong Kong 2018, p. 76)

domenica 30 giugno 2019

Messa-sacrificio o messa-pasto?


Per millenni la Chiesa si è preoccupata di farci capire in tutti i modi – con le parole, con gli atti, con l’architettura, con gli arredi – che la cena del Signore non è soltanto una cena, ma è, come ci insegna il Concilio Vaticano II, la ripresentazione e l’applicazione dell’«unico sacrificio del Nuovo Testamento, il sacrificio cioè di Cristo, che una volta per tutte si offre al Padre quale vittima immacolata» (Lumen gentium, 28).
In questi ultimi tempi invece agli occhi di molti pare che la più urgente necessità pastorale sia diventata quella di persuadere a poco a poco – con le parole, con l’impoverimento dei riti, con le banalizzazioni dei gesti – che la Messa sia solo il ricordo di un pasto, o tutt’al più la celebrazione di un convito fraterno.
I nostri padri, stupiti e commossi dalla presenza del «mistero della fede», cioè dell’avvenimento centrale e più determinante della vicenda umana, erano incontentabili nel convocare tutte le arti e tutti i tesori a onorare il sacrificio di Cristo ripresentato tra noi; pare invece che il nostro tempo abbia scelto la strada della riduzione al minimo e della più povera schematicità.
Sarà anche una saggezza nuova. Resta però il fatto che, mentre le nostre case si fanno sempre più adorne di lussi e fornite di comodi, noi riserviamo il nostro amore per la povertà ai luoghi della grande e tremenda «Presenza».
C’è da dubitare che il Signore sia proprio di questo parere, lui che per la prima celebrazione eucaristica – ci ha detto il vangelo di Marco che abbiamo ascoltato – non ha scelto lo squallore di una stanza disadorna né si è accontentato della casualità di un qualunque locale, ma ha voluto un ambiente di grande dignità: «al piano superiore, una grande sala con i tappeti, già pronta» (Mc 14,15).
(Cardinale Giacomo Biffi, Omelia del Corpus Domini 1991; Bollettino dell’Arcidiocesi di Bologna, LXXXII, 5/1991, pp. 146-148)

mercoledì 1 maggio 2019

L'organista "ministro" della musica



Gentili lettori,

vedete bene ormai tutti voi che al clero italiano non sta particolarmente a cuore il problema (perché di "problema" si tratta) della musica cultuale... figuriamoci quello dei ministeri liturgici laicali: per qualsiasi ruolo liturgico (lettore, accolito, salmista, cantore, organista) regnano sovrane l'improvvisazione e il pressappochismo!

Tuttavia il sacerdote cremonese Graziano Ghisolfi [*] ha ipotizzato, in un importante saggio (realizzato nel 2000 come tesi di compimento del Coperlim), il possibile percorso che porterebbe al riconoscimento ministeriale ed economico della figura dell'organista o, come da egli definita traducendo letteralmente dall'usato termine tedesco, del "Cantore" nel senso di responsabile del canto e della musica a livello liturgico-pastorale.

Cliccando https://www.organieorganisti.it/ruolo-pastorale-organista-chiesa-liturgico-ghisolfi si potrà leggere un estratto del lavoro del mio egregio concittadino...

Buona lettura e lieto di ricevere eventualmente il vostro parere in proposito.

Cordiali saluti

Paolo Bottini


Cremona, il 1° maggio 2019


[*] Don Graziano Ghisolfi, nato a Cremona nel 1963, ha intrapreso gli studi musicali presso la Civica Scuola Musicale “Claudio Monteverdi” di Cremona seguendo il corso di Pianoforte Principale del M° Fabrizio Garilli. Dopo gli studi classici e teologici ha approfondito la propria preparazione conseguendo il diploma in Musica Corale e Direzione di Coro presso il Conservatorio “A. Boito” di Parma. Si è successivamente perfezionato con S. Korn, M. Mungai e M. Berrini. Parallelamente ha conseguito il Diploma al Corso di Perfezionamento Liturgico-Musicale della Conferenza Episcopale Italiana (riconosciuto dalla Pontificia Università Lateranense di Roma) e, ultimamente, il Diploma in Formazione e Direzione di Coro Liturgico, sempre della Conferenza Episcopale Italiana. Collabora stabilmente con l’Ufficio Liturgico Nazionale in veste sia di cantore che di direttore di coro nella preparazione degli eventi della CEI. Pur impegnato nella pastorale, è insegnante presso la Scuola Diocesana di Musica Sacra “Dante Caifa” di Cremona, Responsabile della sezione “Musica per la Liturgia” dell’Ufficio Diocesano per il Culto Divino e Direttore del Coro della Cattedrale di Cremona.


domenica 14 aprile 2019

Della sacralità dell'organo a canne

In fatto di "sacralità" dell'organo a canne: non dimentichiamo che tutti gli organi presenti nelle chiese sono stati solennemente resi "sacri" da un rito di benedizione (lo riporto sotto per intero)!
Solo per questo fatto, lo strumento dovrebbe essere considerato quasi "intoccabile" da chiunque sia estraneo al suo utilizzo liturgico, alla sua tutela, conservazione e valorizzazione... ma qui siamo al solito punto: gli organisti cosiddetti «titolari» di fatto non hanno alcun titolo per esercitare queste funzioni, semplicemente perché nessuno attribuisce loro ufficialmente un "titolo"!!

* * *

50 - BENEDIZIONE DI UN ORGANO

Premesse

1478. 
Nella celebrazione dei divini misteri ha notevole importanza la musica sacra; l'organo poi è tenuto in grande onore nella Chiesa latina, esso infatti, accompagnando i canti e i momenti liturgici, può aggiungere splendore alla celebrazione, favorire la preghiera dei fedeli e innalzare la loro mente a Dio.
Dato lo stretto legame tra organo, musica e canto nelle azioni liturgiche e nei pii esercizi del popolo cristiano, è particolarmente significativa la benedizione celebrata prima del suo uso liturgico.
1479. Il rito qui proposto può essere usato dal vescovo e dal presbitero.1480. Nel rispetto della struttura del rito e dei suoi elementi essenziali, si potranno adattare le singole parti alle circostanze di persone e di luoghi.
Se il rito è lodevolmente presieduto dal vescovo, si facciano gli adattamenti del caso.
1481. La benedizione dell'organo si può celebrare in qualsiasi tempo, fatta eccezione per i giorni liturgici nei quali l'uso dello strumento è limitato all'accompagnamento dei canti.

 
Rito della benedizione


INIZIO

1482.
 Quando tutti sono riuniti, si esegue, senza organo, un canto adatto o si fa una pausa di raccoglimento. Poi tutti si fanno il segno della croce, mentre il sacerdote dice:
Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo.R. Amen.SALUTO

1483. 
Il sacerdote saluta i presenti con le seguenti parole o altre adatte, tratte di preferenza dalla Sacra Scrittura:L'amore di Dio Padre,
la pace del Signore nostro Gesù Cristo
e la consolazione dello Spirito Santo, sia sempre con voi.
Oppure:Il Signore, che i Santi lodano senza fine,
sia sempre con voi.
R. E con il tuo spirito.o in un altro modo adatto.
MONIZIONE INTRODUTTIVA

1484. 
Il sacerdote, o un altro ministro idoneo, introduce il rito di benedizione con queste parole o altre simili:
Fratelli e sorelle, siamo qui riuniti per la benedizione del nuovo organo, che renderà più lieta e solenne la celebrazione della divina liturgia. Anche l'arte musicale a servizio del culto tende allo scopo primario di dar gloria a Dio e di santificare gli uomini.
Il suono dell'organo nel contesto celebrativo, sostiene il canto unanime dei fedeli, espressione di quel cantico nuovo che sarà veramente tale se all'accordo degli strumenti e delle voci si unirà la santità della vita. Canteremo bene se vivremo bene nella chiave della divina volontà e nell'armonia della carità fraterna.

LETTURA DELLA PAROLA DI DIO

1485. 
Un lettore o uno dei presenti legge uno dei seguenti testi della Sacra Scrittura:

Col 3, 12-17 
Cantando a Dio di cuore e con gratitudine.


Ascoltate la parola di Dio
dalla lettera di san Paolo apostolo ai Colossesi

Rivestitevi, come eletti di Dio, santi e amati, di sentimenti li misericordia, di bontà, di umiltà, di mansuetudine, di pazienza, sopportandovi a vicenda e perdonandovi scambievolmente, se qualcuno abbia di che lamentarsi nei riguardi degli altri. Come il Signore vi ha perdonato, così fate anche voi. Al di sopra di tutto poi vi sia la carità, che è il vincolo della perfezione. E la pace di Cristo regni nei vostri cuori, perché ad essa siete stati chiamati in un solo corpo. E siate riconoscenti!
La parola di Cristo dimori tra voi abbondantemente; ammaestratevi e ammonitevi con ogni sapienza, cantando a Dio di cuore e con gratitudine salmi, inni e cantici spirituali. E tutto quello che fate in parole ed opere, tutto si compia nel nome del Signore Gesù, rendendo per mezzo di lui grazie a Dio Padre.


1486
Oppure (per esteso vedi a p. 866 ss.):
Nm 10,1-8.10  Suonerete le trombe, quando offrirete olocausti e sacrifici.
1 Cr 15,3.16.19-21.25Suonavano le trombe dinanzi all'arca.
2 Cr 5,2-5.11-14Centoventi sacerdoti suonavano le trombe.
Ef 5,15-20Cantando e inneggiando al Signore con tutto il cuore.
Lc 1,39-47 Il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore.
Lc 10,21-22R.
 Amen.RESPONSORIO

1487.
 Secondo l'opportunità si può cantare, senza organo, o recitare un salmo responsoriale (per esteso vedi a p. 1002 ss.) o eseguire un altro canto adatto.
Sal 46 (47), 2-3 7-8R. Con suoni di tromba cantate e inneggiate al Signore.Sal 97 (98), 1 2-3b 3c-4 5-6
R. Cantate inni e acclamate al Signore.BREVE ESORTAZIONE
1488. 
Secondo l'opportunità, il sacerdote rivolge brevi parole ai presenti illustrando la lettura biblica, perché percepiscano il significato della celebrazione e apprezzino il servizio liturgico dell'organo.

Breve silenzio.

PREGHIERA DEI FEDELI

1489. 
Segue la preghiera comune. Tra le invocazioni proposte, si possono scegliere alcune ritenute più adatte, o aggiungerne altre in sintonia con particolari situazioni di persone o necessità del momento.
Pieni di esultanza, glorifichiamo Dio onnipotente, per gli innumerevoli doni della sua bontà, e, come esorta l'Apostolo, rendiamo grazie con la voce e il cuore.R. Gloria a te, Signore.

Padre santo, re del cielo e della terra,
fonte di ogni perfezione ispiratore di ogni vera armonia,
noi ti lodiamo per la tua immensa gloria. 
R.

Signore Gesù Cristo, Verbo eterno del Padre,
che ti sei fatto uomo
per riscattarci dal peccato
e rivestirci della dignità filiale,
noi ti glorifichiamo per la tua infinita misericordia. 
R.

Spirito Santo di Dio,
che abiti nei nostri cuori
e ci edifichi in un solo corpo,
noi ti benediciamo
per la tua misteriosa presenza nella Chiesa. 
R.

Santa Trinità, unico Dio,
principio e fine di tutte le cose,
a cui il cielo e la terra innalzano un canto nuovo,
noi ti adoriamo per la tua ineffabile beatitudine. 
R.

_____________________________________________________


1490.
 
Quando si omettono le invocazioni sopra indicate, prima della formula di benedizione, il sacerdote invita alla preghiera con queste parole o altre simili:
E ora noi tutti, in comunione con la santa Chiesa,
a una sola voce e con un solo cuore
invochiamo Dio, nostro Padre.

Tutti pregano per qualche momento in silenzio.
_____________________________________________________
* Segue la preghiera del Signore:
Padre nostro.
PREGHIERA DI BENEDIZIONE
1491. 
Il sacerdote, con le braccia allargate, pronuncia la preghiera di benedizione:
Sii benedetto, Signore Dio nostro,
bellezza antica e sempre nuova,
che governi il mondo con la tua sapienza
e con la tua bontà lo rivesti di splendida luce;
a te cantano i cori degli angeli,
sempre pronti ad ogni tuo cenno;
a te inneggiano gli astri del cielo,
nel ritmo costante del cosmo;
te santo proclama l'assemblea dei redenti,
e con il cuore, la voce, la vita
celebra la gloria del tuo nome.

Anche noi, tuo popolo,
radunato in festa nella tua casa,
ci uniamo al canto universale,
magnificando con la Vergine Maria
i prodigi del tuo amore;

concedi la tua benedizione
a tutti gli interpreti e cantori della tua lode
e a questo strumento sonoro,
perché accompagnati dai suoi accordi armoniosi
possiamo associarci alla liturgia del cielo.

Per Cristo nostro Signore.

R. Amen.* 1492. Terminata la preghiera di benedizione, il sacerdote se lo ritiene opportuno, incensa l'organo. Quindi con l'accompagnamento del nuovo strumento, si può cantare il Salmo 150 (n. 2375) o un altro canto adatto. Potrà seguire l'esecuzione di uno o più brani del repertorio organistico, eventualmente intercalata da altri canti dell'assemblea e del coro. Tutti mantengano un atteggiamento di rispettoso ascolto, evitando gli applausi ad ogni pezzo musicale.
CONCLUSIONE

1493. 
Il sacerdote stendendo le mani sui presenti dice:
Il Signore, degno di ogni lode,
vi conceda di essere cantori della sua gloria
per unirvi al cantico nuovo
che risuona nel santuario celeste.

R. Amen.la benedizione di Dio onnipotente,  
Padre e Figlio X e Spirito Santo,
discenda su di voi, e con voi rimanga sempre.

1494.
 Un canto corale o una suonata d'organo possono chiudere la celebrazione.

domenica 17 marzo 2019

Il problema del (mancato) giusto compenso i musicisti di chiesa (professionisti) in Italia



È ben noto il problema del (mancato) giusto compenso ai musicisti (professionisti) che prestano la loro opera per la Chiesa cattolica in Italia: una questione che ha le radici nella mancanza di cultura ma anche in un fraintendimento dell’idea di volontariato.

L’idea che il talento possa essere inquadrato nell’ambito del volontariato è un’idea falsa. Il volontariato è certamente una modalità possibile per coloro che vogliono usare i propri talenti, ma non è, e non può essere, una modalità esclusiva. La nostra grande tradizione [...] è stata creata dal talento di artisti sostenuti dal denaro dei committenti e molto spesso si trattava di committenti espressione della Chiesa cattolica. Tutto ciò per un motivo molto semplice: anche gli artisti hanno il diritto di vivere.

Sembra veramente strano che si debba ripetere una cosa così banale come il fatto che l’operaio, colui che opera, ha diritto alla giusta mercede. [...] perché tra i cattolici si fa fatica a capire che chi presta un’opera qualificata deve essere compensato per farlo? [...]

Spesso sacerdoti e religiosi affermano che coloro che fanno servizio musicale nel culto divino dovrebbero donare volentieri le loro abilità al servizio della comunità, senza chiedere nulla in cambio. Ma perché [...] non affermano lo stesso a proposito di medici, avvocati e altri professionisti? Forse non hanno letto San Paolo, là dove dice un operaio merita la sua ricompensa? E perché la Santa Sede pretende la gratuità dal musicista ma non [...] dal fioraio, dal cerimoniere e da tutti coloro che si occupano di preparare le funzioni e la liturgia? [...]

La causa principale dell’intero problema è il basso livello di cultura da parte delle persone che reggono le sorti della Chiesa e anche di coloro che la frequentano regolarmente, un fenomeno relativamente nuovo che si riflette su ciò che i committenti sono disposti a pagare per l’opera prestata! [...]


- per leggere l'articolo completo cliccare QUI


lunedì 11 marzo 2019

Quando il coretto pop fa cilecca...


Caro M.° Bottini,

domenica scorsa alla messa parrocchiale vi è stata una eccezionale defezione del coro "pop" più chitarre e percussioni: mi è toccato sostituirli suonando 'solamente' l'organo...

Ho potuto constatare - amaramente - che, pur avendo voluto appositamente intonare un paio dei loro canti soliti (Gen Rosso, RNS, Buttazzo etc. etc.), l'assemblea è rimasta muta...

Cosa trarre da questo episodio?

Faccio alcune ipotesi:

1) sono io che sono impedito: non sono capace di dare sensate intonazioni organistiche a questo tipo di repertorio, in modo che la gente intuisca quando deve iniziare a cantare;

2) è l'assemblea, dopo più di dieci anni che è abituata a sentire questo repertorio accompagnato da chitarre e bonghi (l'organo è comunque presente - per mia precisa scelta di non abbandonare - solo come "basso continuo"), che ha perso l'abitudine ad ascoltare l'organo e a capire lo stile di accompagnamento organistico;

3) il repertorio "pop", dopo più di dieci anni, non è stato recepito dall'assemblea, formata per lo più da ultra-settantenni (e pensare che i settantenni di oggi a metà anni Sessanta, epoca della "messa beat" erano poco più che adolescenti), ragion per cui è sostanzialmente controproducente la presenza di questo coro di adulti (sono tutti sulla cinquantina), accompagnati dai loro figli agli strumenti, che non è stato in grado di educare l'assemblea al canto liturgico, rendendola sostanzialmente "coretto-dipendente".

Non oso sottoporre al mio parroco le sopra esposte ipotesi: la mia presenza, dopo l'avvento del coretto pop, si è svalutata e ora l'organista conta meno del sacrestano!

Ad esempio, in occasione della venuta del vescovo per le cresime (impegnati a curare tanto bene il canto liturgico come nemmeno fanno durante il Triduo pasquale!), non si sono mai sognati di interpellarmi, anche solo per chiedermi "ci sarai tu oppure no?"...

Le confesso, caro Maestro Bottini, che io sono rimasto fedele al mio servizio esclusivamente per la venerazione che ho per il "mio" organo, pensando che sicuramente se me ne fossi andato, sarebbe andato in malora per inutilizzo!

Grato per la cortese attenzione, La saluto con viva cordialità.

Cosimo Quaranta
(organista nella Diocesi di Bagnoregio)

p.s.: suppongo che Lei, avendo scritto la biografia di Federico CAUDANA, conosca il vescovo cremonese Tranquillo Guarneri, buon musicista, che resse la nostra diocesi per un decennio: anche dalle nostre parti è conosciuto il suo delizioso mottettino eucaristico Ecce venio ad te.

domenica 24 febbraio 2019

Trento: il progetto sperimentale "Canto e Catechesi" a cura di Antonio Gasperi

Gent.mo M° Paolo Bottini,

ecco la breve cronaca relativa al progetto “Canto e Catechesi”.

Sono un musicista compositore, già insegnante di conservatorio e ora in pensione.
Accanto agli studi musicali classici ho sempre coltivato l’interesse per la musica liturgica, settore questo che mi ha permesso fin dagli anni della mia fanciullezza e dell’adolescenza di coltivare la passione per la musica. Da diverso tempo svolgo il mio volontariato presso la parrocchia dove collaboro come organista e istruttore di coro.
In questi ultimi 10 anni ho avuto l’occasione di tenere un corso di educazione musicale per i bambini della catechesi presso l’oratorio della mia parrocchia. Questo corso, che si è svolto con la collaborazione di una brava e paziente suora, ha maturato dentro di me la necessità di raccogliere tale esperienza didattico-musicale e di proporla come progetto. La bontà della proposta l’ho potuta verificare attraverso l’esecuzione, alla Messa parrocchiale domenicale, di una piccola messa accompagnata con l’organo.
Il progetto in questione l’ho intitolato “Canto e Catechesi”, quasi a simboleggiare quell’unione di canto e catechesi svolta da me in collaborazione con la suora catechista, presso l’oratorio.
Nell’anno 2017 ho partecipato al Convegno romano “Musicam sacram” a 50 anni dalla sua pubblicazione. Successivamente, lo scorso settembre ho partecipato al Convegno romano “Compositori e Chiesa” svoltosi presso l’università Lumsa di Roma in occasione del quale ho potuto presentare i contenuti di questo progetto.
In sintesi “Canto e Catechesi” propone un itinerario musicale da affiancare all’attività di catechesi in quanto contiene anche un repertorio di canti che hanno attinenza con il programma di approccio alle verità della fede.
Esso si compone innanzitutto di canti di intrattenimento ricavati dal repertorio popolare e d’autore e raccolti da canzonieri in uso presso gli istituti magistrali. Accanto ad essi si snoda un percorso di canti – preghiera i quali, per quanto concerne il primo ciclo di catechesi, sono: il segno della croce e le preghiere principali del Padre nostro, dell’Ave Maria, dell’Angelo di Dio e del Gloria.
Questi canti sono disposti secondo un criterio didattico-musicale che si adatta all’età dei bambini cantori, in età media dai sei agli otto anni, e sono corredati da una scheda che ne illustra le caratteristiche musicali e bibliche.
Tutto questo fa capo ad una iniziativa culturale specifica dal titolo: “Corso di educazione musicale a indirizzo corale, preparatorio alla catechesi”.

Per quanto riguarda la sua realizzazione si è pensato di trasformarlo come esperienza da svolgere nel periodo della pre-catechesi, ossia non ancora inserito nelle attività specifiche della catechesi.
Pertanto, questo corso viene svolto a metà settimana in un orario situato al temine delle lezioni scolastiche.
La prova di canto è di circa un’ora e si svolge in un’aula del coro parrocchiale, attrezzata cioè all’attività del canto corale.
Alla lezione di canto collabora una corista che è insegnante presso la scuola dell’infanzia: in questo modo lei offre un valido aiuto nella conoscenza della pedagogia infantile.
Cerco di garantire alla lezione di canto una certa connotazione culturale poiché è mio desiderio avvicinare i giovani allievi alla lettura della musica, su imitazione dell’insegnamento di Guido D’Arezzo, figura di grande spessore culturale oltre che storico.
Il progetto "Canto e Catechesi" è una proposta-guida a carattere sperimentale in cui, accanto al materiale corale, ho ritenuto necessario aggiungere un supporto didattico attraverso una serie di schede che contengono le modalità per realizzare i vari obiettivi e i concetti ad essi inerenti. Questa attività didattica intende inoltre assumere uno stile di tipo relazionale, vale a dire fondato sulla conversazione aperta tra i piccoli coristi e il maestro e tra i coristi stessi in modo da favorire e stimolare in essi un interesse per la disciplina musicale.
Mi permetto ora di rilevare l’aspetto positivo che la presenza del piccolo coro ha suscitato tra le file del coro parrocchiale. Infatti lo sguardo dei coristi, formato da persone in media over 70, sembra essersi rasserenato da quando è partita la nuova iniziativa, ed è bello constatare che il coro manifesta una vicinanza anche di tipo affettivo. Ha destato una certa tenerezza l’esecuzione alla Vigilia di Natale del canto “Tu scendi dalle stelle” che i piccoli coristi hanno eseguito assieme all’assemblea e al coro. Al termine della Messa i piccoli hanno lanciato il loro augurio di buon Natale, riempiendo così la chiesa del loro inconfondibile timbro.
A conclusione della presentazione del progetto “Canto e Catechesi” mi permetto di auspicare che esso possa offrire uno dei tanti possibili esempi al fine di richiamare l’interesse delle giovani generazioni verso la pratica del canto corale, tanto assente ai nostri giorni, ma altrettanto importante per la loro formazione sia a livello individuale sia a livello sociale.
Ringraziando per la cortese attenzione, porgo i miei più sentiti saluti ed auguri,

Antonio Gasperi


sabato 2 febbraio 2019

Perché è in crisi la musica sacra



Gentili lettori,

nel mondo cattolico la cosiddetta "musica sacra" www.musicasacra.info (definizione che molti novatori aborrono, preferendo "musica per la liturgia") è in crisi in quanto vi è di fatto una radicale opposizione di due modi di vivere il culto, opposizione che vede il crearsi di partiti liturgico-musicali che si sostanziano principalmente nella contrapposizione tra organisti (più o meno diplomati) e chitarristi (la stragrande maggioranza strimpellatori domenicali più o meno abili).

Una vera e propria anarchia liturgica, prima ancora che musicale, che non sta facendo altro che frammentare sempre più questa Chiesa che è sommersa da altri giganti problemi, a causa dei quali il canto e la musica per il culto sono visti - complici anche carenze culturali - come un'accessorio puramente esornativo: se c'è, bene per tutti e avanti qualsiasi proposta, se non c'è, fa lo stesso, l'Eucaristia è comunque valida!

In proposito vi consegno in calce le riflessioni del sacerdote oratoriano Uwe Michael Lang, consultore della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti ai tempi di Papa Ratzinger.

Buona lettura!

Paolo Bottini
www.paolobottini.it

Cremona, il 2 febbraio 2019

* * *
Perché è in crisi la musica sacra
di Uwe Michael Lang [*]

Fra i molti contributi lungimiranti e acuti di Joseph Ratzinger-Benedetto XVI circa la musica sacra, ce n’è uno che trovo particolarmente interessante e che vorrei prendere come punto di partenza per le mie riflessioni: la conferenza "Problemi teologici della musica sacra" tenuta presso il Dipartimento di Musica Sacra del Conservatorio Statale di Musica di Stoccarda nel gennaio 1977 e poi pubblicata anche in altre lingue. In italiano è uscita per la prima volta qualche mese fa nel libro "Teologia della Liturgia", il primo volume pubblicato dei sedici dell’opera omnia di Joseph Ratzinger (Città del Vaticano, Libreria Editrice Vaticana, 2010, pagine 858, euro 55).

In questa conferenza, l’allora cardinale Ratzinger individuava le cause della crisi contemporanea della musica sacra sia nella crisi generale della Chiesa sviluppatasi dopo il concilio Vaticano II sia nella crisi delle arti nel mondo moderno, che ha colpito anche la musica. Joseph Ratzinger era interessato soprattutto ai motivi teologici della crisi della musica sacra; sembra "che questa sia finita in mezzo a due macine teologiche di carattere assai contrapposto, che però cooperano concordemente a logorarla".

Da un lato, esiste "il funzionalismo puritano di una liturgia intesa in senso puramente pragmatico: l’evento liturgico deve essere, come si dice, liberato dal carattere cultuale e ricondotto al suo semplice punto di partenza, un convito comunitario".

Questo atteggiamento va di pari passo con una lettura sbagliata del principio della partecipazione attiva (participatio actuosa), introdotto dal Papa san Pio X e promosso dalla Costituzione del Vaticano II sulla Sacra Liturgia. Spesso si intende la partecipazione attiva come "un’uguale attività nella liturgia di tutti i presenti", che non lascia più spazio alla musica che ha un più alto tenore artistico e viene cantata da un coro o da una schola, e comprende anche l’uso degli strumenti musicali classici.

In questa visione, rimane lecito solo il canto dell’assemblea, "che, a sua volta, non è da giudicare in base al suo valore artistico, ma unicamente in base alla sua funzionalità, cioè in base alla sua capacità di creare ed attivare una comunità".

Dall’altro lato, c’è ciò che Joseph Ratzinger ha chiamato "il funzionalismo dell’adattamento", che ha portato alla comparsa di nuove forme di cori e orchestre che eseguono musica "religiosa" ispirata al jazz e al pop contemporaneo.

[Benedetto XVI] osserva che i "nuovi ensemble (...) risultavano non meno elitari dei vecchi cori di chiesa, ma non venivano sottoposti alla stessa critica".

Ambedue gli atteggiamenti teologici hanno lo stesso effetto: il repertorio tradizionale della musica sacra, dal canto gregoriano fino alle composizioni polifoniche del XX secolo, è giudicato inadatto per la liturgia ed è relegato in sala da concerto, dove è curato e valutato come un oggetto di museo, o forse addirittura trasformato in una specie di liturgia "secolare".

Certo, si può sostenere che vi sia qualche precedente nella Chiesa primitiva per l’atteggiamento del "funzionalismo puritano" nei confronti della musica nella liturgia.

Già dagli inizi, il canto dei salmi e, come sviluppo successivo, gli inni e cantici avevano un posto naturale nel culto cristiano. Comunque, non si continuava la pratica musicale del Tempio di Gerusalemme con il suo carattere festivo e il suo uso degli strumenti, descritto in vari salmi. Il luogo della musica nella liturgia cristiana corrisponde piuttosto a quello nella sinagoga. Allo stesso tempo, i primi cristiani erano preoccupati di distinguere chiaramente la musica della loro liturgia da quella del culto pagano. Una conseguenza di tale presa di distanza sia dal culto del Tempio che dalle cerimonie pagane era l’esclusione degli strumenti dalla liturgia cristiana, che si mantiene ancora nelle tradizioni ortodosse e che si è espressa in una forte corrente anche nell’Occidente latino, lasciando da parte il ruolo privilegiato dell’organo, che è stato investito di un profondo significato teologico.

Joseph Ratzinger insiste sul fatto che non si può interpretare la sospensione degli strumenti come un rifiuto della dimensione "sacra" e "cultuale" della musica o anzi come un "passaggio nella profanità".

Al contrario, essa esprime "una sacralità puristicamente accentuata", che si riflette anche nei commenti dei Padri della Chiesa sull’uso della musica nella liturgia. Molti Padri presentano la liturgia cristiana come il risultato di un processo di "spiritualizzazione" dal culto del Tempio dell’Antica Alleanza con i suoi sacrifici di animali verso la logiké latreía (Romani, 12, 1), "un culto che concorda con il Verbo eterno e con la nostra ragione", un tema chiave nel pensiero del Pontefice.

Una musica adeguata alla liturgia cristiana aveva dovuto subire un processo di "spiritualizzazione", che i Padri, secondo Joseph Ratzinger, avevano interpretato come una "de-materializzazione": la musica è stata ammessa solo nella misura in cui serviva il movimento dal sensibile allo spirituale, e da quello risulta la discontinuità con la musica festosa del Tempio e l’esclusione degli strumenti.

[Benedetto XVI] attribuisce l’atteggiamento austero dei Padri verso la musica alla forza del pensiero platonico nella teologia patristica, e individua anche i problemi inerenti in esso, in quanto "si avvicinava più o meno all’iconoclastia". Infatti, egli lo considera "l’ipoteca storica della teologia" attraverso l’arte nel sacro, un’ipoteca che riappare ogni tanto nel corso della storia.

Un particolare rilievo in questo ambito è ricoperto dall’enciclica "Annus qui", scritta da uno dei Papi più dotti dell’età moderna, Benedetto XIV, nato Prospero Lorenzo Lambertini nel 1675, Vescovo di Ancona 1727-1731 e arcivescovo di Bologna dal 1731, incarico che mantenne anche da Papa. Nel 1728 fu nominato cardinale e, dopo la morte di Clemente XII, nel conclave lungo e controverso del 1740, fu elevato alla Sede di Pietro e scelse il nome Benedetto XIV. Morì nel 1754.

Papa Lambertini era un canonista e studioso con un vasto ambito di interessi, tra cui il culto divino. Il suo magistero liturgico può essere collocato all’interno del progetto continuo di riforma avviata dal Concilio di Trento. L’enciclica "Annus qui", essendo scritta prima in italiano e poi tradotta in latino, rivela il suo scopo già nel suo titolo completo: "Del culto e mondezza delle Chiese; del regolamento dell’Uffiziature, e Musica Ecclesiastica, Lettera circolare a’ Vescovi dello Stato Ecclesiastico per l’occasione del prossimo Anno Santo".

Questo titolo indica gli argomenti principali dell’enciclica: la cura delle chiese, l’ordine e la solennità del culto celebrato in esse, e in modo particolare la musica sacra. Si noti inoltre che l’enciclica si indirizza ai vescovi dello Stato Pontificio del prossimo Anno Santo 1750. Il Pontefice aspettava a Roma un grande numero di pellegrini che desideravano conseguire "il frutto spirituale delle sante indulgenze".

Benedetto XIV comincia la sua enciclica con un monito alla disciplina ecclesiastica, spingendo il suo clero a fare tutto quanto in loro potere per assicurare che i tanti visitatori nella città eterna non ritornino alle loro patrie scandalizzati da ciò che avevano visto. Infatti, Roma e tutto lo Stato Pontificio devono fornire un esempio di celebrazione liturgia e di musica sacra per tutto il mondo cattolico. Senza dubbio, Papa Lambertini era consapevole dei limiti del suo potere in tali questioni, che in gran parte dipendevano dal patrocinio locale sia ecclesiastico sia secolare. Tuttavia, era determinato a mantenere un livello più alto nel suo proprio territorio.

Le principali preoccupazioni di Benedetto XIV circa la polifonia sacra - in continuità con i dibattiti al Concilio di Trento e le dichiarazioni successive di Papi e di sinodi locali - sono l’integrità e l’intelligibilità del testo liturgico che viene messo in musica. In particolare, quando si cantano i brani polifonici nella Messa o nell’Ufficio Divino, devono contenere i "propri" che sono parti integranti della sacra liturgia.

Data questa premessa, Benedetto XIV si riferisce a un decreto emesso dal suo predecessore Innocenzo XII nel 1692, che proibì in genere il canto di ogni cantilena o mottetto. Nelle sante Messe solenni permise soltanto, oltre al canto del Gloria e del Simbolo, di poter cantare l’Introito, il Graduale e l’Offertorio. Nei Vespri non ammise nessun cambiamento, neppure minimo, nelle Antifone che si dicono all’inizio e alla fine di ogni Salmo.

Inoltre, l’enciclica nota che è diventato comune negli ultimi tempi utilizzare la musica di carattere teatrale nel culto divino. Il problema di questo tipo di musica è che mira a rendere gli ascoltatori fruitori della melodia, del ritmo, della qualità delle voci, e così via, mentre il significato delle parole diventa secondario. Bensì, afferma Benedetto XIV in modo inequivocabile, questo non vale per la liturgia: "Non così invece deve essere nel canto Ecclesiastico; anzi in questo si deve avere di mira l’opposto". In altre parole, la musica sacra che merita il suo nome deve sempre servire un fine spirituale e teologico, non solo estetico.

L’enciclica poi procede alla questione dell’uso degli strumenti in chiesa. Il Pontefice ritiene che tale questione sia fondamentale per distinguere la musica sacra da quella dei teatri. In primo luogo, egli determina quali strumenti si possano tollerare (si noti la scelta delle parole: "degli strumenti musicali, che possono essere tollerati nelle Chiese"). Benedetto XIV segue la sua solita metodologia e cita varie opinioni, in particolare il Primo Concilio Provinciale di Milano, tenutosi sotto san Carlo Borromeo, che ha ammesso solo l’organo e ha escluso tutti gli altri strumenti.

In secondo luogo, Papa Lambertini stabilisce che gli strumenti consentiti debbano essere suonati solo per sostenere il canto della voce umana. A questo punto, il linguaggio del Pontefice diventa molto deciso, quando dichiara: "Se però gli strumenti suonano in continuazione, e solo qualche volta si chetano, come si usa oggi, per lasciare tempo agli uditori di sentire le armoniche modulazioni, le vibranti puntate delle voci, volgarmente chiamati i trilli (un riferimento a Giovanni XXII, Docta Sanctorum Patrum); se, per il rimanente, non fanno altro che opprimere e seppellire le voci del coro, e il senso delle parole, allora l’uso degli strumenti non raggiunge lo scopo voluto, diventa inutile, anzi rimane proibito e interdetto".

In terzo luogo, rispetto alle musiche orchestrali, "Annus qui" concede che potrà continuare dove è già stata introdotta, purché siano serie, e non rechino, a causa della loro lunghezza, noia o grave incomodo a quelli che sono nel Coro, o che funzionano all’Altare, nei Vespri e nelle Messe.

- fonte: L’Osservatore Romano, 6 ottobre 2010, riportato da http://www-maranatha-it.blogspot.com/2010/10/perche-e-in-crisi-la-musica-sacra-di.html


[*] parroco del Brompton Oratory di Londra, ex consultore dell’Ufficio delle Celebrazioni Liturgiche del Sommo Pontefice, già officiale della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti.




domenica 13 gennaio 2019

Canto liturgico: vergogna del cattolicesimo contemporaneo!


Ricordando, ad un anno dalla scomparsa, l'impareggiabile figura del «musicista che suona l'organo», quale si definiva il francese Pierre PINCEMAILLE https://www.organieorganisti.it/pierre-pincemaille, desidero citare una sua severa affermazione che condivido in pieno:

«È quantomeno inaudito che, in molti casi, l’organista sia subordinato ad un animatore spesso incompetente in musica, reclutato tra i parrocchiani, e che gli impone una scelta di canti abominevoli, tipo canzonetta da varietà di più bassa lega. Questo repertorio orribile è la vergogna (sul piano artistico) del cattolicesimo contemporaneo». [*]

Spesso si cita la Francia come un luogo ideale per il miglior accoglimento della professionalità di un organista in ambito liturgico... ma proprio in questo paese (ove un organista "titolare", magari reclutato per concorso, ha un regolare contratto di lavoro ma non guadagna più di 700 euro netti al mese!), il repertorio dei canti liturgici non è talmente esemplare come potremmo pensare (sempre comunque meglio dei nostri repertori italiani di pop liturgico ormai diffusissimi!).

Per avere una migliore impressione del - pur sempre abusato - termine di "animatore" nell'ambito del culto della chiesa cattolica, propongo la lettura di un articolo di Giacomo Mezzalira, riferito all'unico vero animatore liturgico (cioè effettivo responsabile del canto e della musica in chiesa) che dovrebbe essere l'organista (assieme all'eventuale direttore del coro o maestro di cappella), articolo consultabile cliccando http://www.animatoreliturgico.it .

Grazie per la cortese attenzione e cordiali saluti.

Paolo Bottini
https://www.organieorganisti.it/utenti/paolo-bottini

Cremona, il 12 gennaio 2019

- per commentare su FB https://www.facebook.com/MagisterCremonensis/posts/1844810839144458


[*] « Il est quand même inouï que, dans quantité de cas, l’organiste soit subordonné à un animateur parfois incompétent en musique – recruté parmi les paroissiens – et qui lui impose un choix de cantiques abominables, relevant de la chansonnette de variété du plus bas étage. Ce répertoire hideux est la honte (au plan artistique) du catholicisme contemporain. » - citazione tratta da http://mobile.lemonde.fr/musiques/article/2018/01/15/pierre-pincemaille-une-vie-a-la-tribune-de-saint-denis_5242081_1654986.html