Liturgia & Musica

Questo spazio nasce dalla mia esperienza di moderatore della mail circolare "Liturgia&Musica", avviata nel dic. 2005 per conto della “Associazione Italiana Organisti di Chiesa” (di cui fui segretario dal 1998 al 2011) al fine di tener vivo il dibattito intorno alla Liturgia «culmine e fonte della vita cristiana» e al canto sacro che di essa è «parte necessaria ed integrante» unitamente alla musica strumentale, con particolare riferimento alla primaria importanza dell'organo.

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giovedì 24 dicembre 2020

I «POSTLUDES LIBRES pour des antiennes de MAGNIFICAT» per organo di Charles TOURNEMIRE (1879-1939)



Per celebrare il 150° anniversario di Charles TOURNEMIRE (1870-1939), ho registrato la raccolta completa dei suoi Postludes libres pour des antiennes de Magnificat opus 68.

Si tratta di brevi e non difficili composizioni liturgiche per organo senza pedale che vengono utilissime, ad esempio, come meditazioni post omelia o... come pezzi d'offertorio in messe celebrate da preti particolarmente frettolosi!



martedì 22 dicembre 2020

Nel centenario della nascita di don DANTE CAIFA, organista (dal 1964) e maestro di cappella (dal 1992) del Duomo di CREMONA

 


Nel primo centenario della nascita del sacerdote, compositore, direttore di coro, nonché dal 1964 successore di Federico Caudana quale organista (dal 1992 ufficialmente anche maestro di cappella) del Duomo di Cremona,

DANTE CAIFA
(Vescovato, CR, 22 dicembre 1920 - Cremona, 5 agosto 2003)

desidero segnalare qui di seguito alcuni titoli della sua efficace produzione corale sacra e profana, le cui partiture si possono gratuitamente scaricare collegandosi all'indirizzo internet citato in calce alla presente.

Un breve profilo biografico del sacerdote-musicista cremonese si può leggere nel mio sito internet personale cliccando QUI.

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DANTE CAIFA
(1920 – 2003)

Composizioni per coro e organo

Acclamazioni (1969) – a 3-4 voci e organo
Adeste fideles – a 4 voci miste
Adeste fideles, orchestra – pueri, coro a 4 voci miste e orchestra
Al Signore che entrava (1967) – a 3 voci miste e organo
Alleluia. Dio è amore (2001) – soprano e organo
Astro del ciel – a 4 voci miste
Ave, Maria – pueri e organo
Ave, o stella del mare (1988) – a 4 voci miste
Beata virgo – a 4 voci miste
Bel enfant – a 4 voci miste
Benedictus – baritono e organo
Buon Pastore (1975) – a 4 voci miste e organo
Cantate al Signore (1986) – assemblea, coro a 3 voci pari e organo
Chi vive e crede in me (1975) – a 3 voci miste e organo
Christus vincit – assemblea e coro a 3 voci pari
Cor dulce (1941) – canto e organo
Credo (1967) – assemblea, coro a 3 voci miste e organo
Cristo per noi (1977) – a 3 voci miste
Cuore di Cristo (2000) – a 4 voci miste
Danzate con me – a 4 voci miste
Del tramonto nella luce (1982) – assemblea e organo
Deep river – a 4 voci miste
Et resurrexit (2003) – a 4 voci miste
Fedele e saggio (1977) – a 2 voci miste e organo
Filastrocca
Genitum (1967) – baritono e organo
Gloria in cielo – solo, coro a 4 voci miste e organo
Gloria in Do (1985) – coro a 2 voci dispari e organo
Gloria in Fa (1978) – a 4 voci miste e organo
Gloria in La – a 2 voci miste e organo
Gloria in Re (1969-70) – a 2 voci miste e organo
Go down, Moses – a 4 voci miste
Heav’n – a 4 voci miste (oppure voce femminile solista e coro a 3 voci miste)
Home, sweet home – a 4 voci miste
I sacerdoti del Signore (1975) – a 4 voci miste e organo
Iam non dicam – a 3 voci pari
Il fischio – a 4 voci miste
Il gran Verbo incarnato – contralto, coro a 4 voci miste e organo
Il Salvatore nostro (1981) – a 4 voci miste e organo
Il Signore gli ha dischiuso la bocca (1977) – a 4 voci miste e organo
In terra d’esilio (1982) – assemblea, coro a 4 voci miste e organo
Inimicitias ponam (1965) – tenore, coro a 2 voci pari e organo
Inni e canti (1941) – canto e organo
Invocazione a Maria (1942) – per pueri e coro a 4 voci pari
L’arcobaleno (1975-1976) – voce solista, coro a 4 voci miste e pianoforte
L’uselin del bosc – soprano e coro a 4 voci miste
L’uva fogarina – a 3 voci miste
La filanda – a 4 voci miste
La Pasiòn del nost Signùur
Lo Spirito del Signore (1966) – a 3 voci miste e organo
Lodate il Signore (1980) – a 4 voci miste e organo
Lodate il Signore (1980) – versione alternativa dell’accompagnamento
Magnificat (1977) – a 4 voci miste
Magnificat I (1977) – a 3 voci pari e organo
Magnificat II (1997) – assemblea, coro a 4 voci miste e organo
Memor sit Dominus (1957) – tenore, coro a 3 voci miste e organo
Messa I (1965) – assemblea, coro a 3 voci miste e organo
Messa II (1967) – assemblea o coro a 3 voci miste e organo
Messa III (1969) – a 2 voci miste e organo
Messa IV (1973) – assemblea e organo
Messa Balossi (1977) – assemblea, coro a 3 voci pari e organo
Messa corale (1966-67) – assemblea, coro a 3 voci miste e organo
Messa Crisostomo – a 4 voci miste
Messa Gusberti (1947) – a 3 voci miste e organo
Messa di S. Michele 1948 – assemblea e organo
Messa di S. Omobono – assemblea, coro a 4 voci miste e organo
Messa di S. Omobono (1979) – assemblea, coro a 3 voci pari e organo
Missa brevis – a 4 voci miste e organo
Missa brevis “De Angelis” (1985) – assemblea, coro a 3 voci dispari e organo
Natale spagnolo (1975) – a 4 voci miste
Nel Signore esultate (1977) – assemblea e coro a 4 voci dispari
O genti battete le mani (1977) – a 3 voci miste
Pange lingua I (1964) – a 3 voci pari
Pange lingua II (1967) – a 4 voci pari
Preghiera alla Vergine I (1965) – canto e organo
Pregiera alla Vergine II (2001) – a 4 voci miste
Proprio S. Omobono (1967) – a 3-4 voci miste e organo
Proprio S. Omobono (1994-1998) – assemblea, coro a 4 voci miste e organo
Quando la luna – a 4 voci miste
Sacro cuor (1941) – canto e organo
Santo in Do (1989) – a 4 voci miste
Sciogliamo un lieto canto (1941) – canto e organo
Sicut in holocausto – 3 voci pari e organo
Son qui con te – a 4 voci pari
Steal away – a 4 voci miste
Su questa terra (1941) – canto e organo
Tantum ergo – a 3 voci miste e organo
Tantum ergo (1985) – banda
Tantum ergo Webbe (1985) – popolo e organo
Te Deum (1983) – a 4 voci miste
Triste rimpianto (1971) – canto e pianoforte
Trittico (1971) – tenore, oboe e organo
Tu es Petrus (1992) – a 4 voci miste
Una voce il mio diletto (1999) – soprano, tenore e pianoforte
Venite, preghiamo (1966) – assemblea, coro a 4 voci miste e organo
Vi protegga il Signore (1995) – tenore e organo
Victimae paschali (1994) – soprano, coro a 4 voci miste e organo


- per scaricare gratuitamente le sopra citate partiture, collegarsi al seguente indirizzo internet https://musicasacracremonese.wordpress.com/dante-caifa-1920-2003/



sabato 12 dicembre 2020

Abbasso il pop liturgico!




Gentili lettori,

eccovi in calce spiegato perché la musica ammiccante allo stile della musica "pop" non dovrebbe essere ammessa nel culto divino!

Introducendo musica "mondana" nel culto, si creano giocoforza partiti che tifano per essa contro altri che tifano per la musica ufficiale ammessa nella liturgia, ovvero il canto gregoriano, la polifonica sacra e la musica d'organo: questo non va bene, ovviamente, perché crea dissapori non indifferenti proprio in quell'ambito della vita della Chiesa che è «culmine e fonte» della vita cristiana stessa, ovvero la liturgia!

Parola di Joseph Ratzinger!

Cordialmente vostro


Cremona, il 12 dicembre 2020

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[Un] grande evento all’inizio dei miei anni di Ratisbona fu la pubblicazione del messale di Paolo VI, con il divieto quasi completo del messale precedente, dopo una fase di transizione di circa sei mesi. Il fatto che, dopo un periodo di sperimentazioni che spesso avevano profondamente sfigurato la liturgia, si tornasse ad avere un testo liturgico vincolante, era da salutare come qualcosa di sicuramente positivo. Ma rimasi sbigottito per il divieto del messale antico, dal momento che una cosa simile non si era mai verificata in tutta la storia della liturgia. Si diede l’impressione che questo fosse del tutto normale. Il messale precedente era stato realizzato da Pio V nel 1570, facendo seguito al concilio di Trento; era quindi normale che, dopo quattrocento anni e un nuovo Concilio, un nuovo papa pubblicasse un nuovo messale. Ma la verità storica è un’altra. Pio V si era limitato a far rielaborare il messale romano allora in uso, come nel corso vivo della storia era sempre avvenuto lungo tutti i secoli. Non diversamente da lui, anche molti dei suoi successori avevano nuovamente rielaborato questo messale, senza mai contrapporre un messale a un altro. Si è sempre trattato di un processo continuativo di crescita e di purificazione, in cui, però, la continuità non veniva mai distrutta. Un messale di Pio V che sia stato creato da lui non esiste. C’è solo la rielaborazione da lui ordinata, come fase di un lungo processo di crescita storica. Il nuovo, dopo il concilio di Trento, fu di altra natura: l’irruzione della riforma protestante aveva avuto luogo soprattutto nella modalità di “riforme” liturgiche.

Non c’erano semplicemente una Chiesa cattolica e una Chiesa protestante poste l’una accanto all’altra; la divisione della Chiesa ebbe luogo quasi impercettibilmente e trovò la sua manifestazione più visibile e storicamente più incisiva nel cambiamento della liturgia, che, a sua volta, risultò parecchio diversificata sul piano locale, tanto che i confini tra cosa era ancora cattolico e cosa non lo era più, spesso erano ben difficili da definire. In questa situazione di confusione, resa possibile dalla mancanza di una normativa liturgica unitaria e dal pluralismo liturgico ereditato dal medioevo, il Papa decise che il Missale Romanum, il testo liturgico della città di Roma, in quanto sicuramente cattolico, doveva essere introdotto dovunque non ci si potesse richiamare a una liturgia che risalisse ad almeno duecento anni prima. Dove questo si verificava, si poteva mantenere la liturgia precedente, dato che il suo carattere cattolico poteva essere considerato sicuro. Non si può quindi affatto parlare di un divieto riguardante i messali precedenti e fino a quel momento regolarmente approvati.

Ora, invece, la promulgazione del divieto del messale che si era sviluppato nel corso dei secoli, fin dal tempo dei sacramentali dell’antica Chiesa, ha comportato una rottura nella storia della liturgia, le cui conseguenze potevano solo essere tragiche. Come era già avvenuto molte volte in precedenza, era del tutto ragionevole e pienamente in linea con le disposizioni del Concilio che si arrivasse a una revisione del messale, soprattutto in considerazione dell’introduzione delle lingue nazionali. Ma in quel momento accadde qualcosa di più: si fece a pezzi l’edificio antico e se ne costruì un altro, sia pure con il materiale di cui era fatto l’edificio antico e utilizzando anche i progetti precedenti.

Non c’è alcun dubbio che questo nuovo messale comportasse in molte sue parti degli autentici miglioramenti e un reale arricchimento, ma il fatto che esso sia stato presentato come un edificio nuovo, contrapposto a quello che si era formato lungo la storia, che si vietasse quest’ultimo e si facesse in qualche modo apparire la liturgia non più come un processo vitale, ma come un prodotto di erudizione specialistica e di competenza giuridica, ha comportato per noi dei danni estremamente gravi. 

In questo modo, infatti, si è sviluppata l’impressione che la liturgia sia “fatta”, che non sia qualcosa che esiste prima di noi, qualcosa di “donato”, ma che dipenda dalle nostre decisioni. Ne segue, di conseguenza, che non si riconosca questa capacità decisionale solo agli specialisti o a un’autorità centrale, ma che, in definitiva, ciascuna “comunità” voglia darsi una propria liturgia. Ma quando la liturgia è qualcosa che ciascuno si fa da sé, allora non ci dona più quella che è la sua vera qualità: l’incontro con il mistero, che non è un nostro prodotto, ma la nostra origine e la sorgente della nostra vita.

Per la vita della Chiesa è drammaticamente urgente un rinnovamento della coscienza liturgica, una riconciliazione liturgica, che torni a riconoscere l’unità della storia della liturgia e comprenda il Vaticano II non come rottura, ma come momento evolutivo. Sono convinto che la crisi ecclesiale in cui oggi ci troviamo dipende in gran parte dal crollo della liturgia, che talvolta viene addirittura concepita “etsi Deus non daretur”: come se in essa non importasse più se Dio c’è e se ci parla e ci ascolta. Ma se nella liturgia non appare più la comunione della fede, l’unità universale della Chiesa e della sua storia, il mistero del Cristo vivente, dov’è che la Chiesa appare ancora nella sua sostanza spirituale? Allora la comunità celebra solo se stessa, senza che ne valga la pena. E, dato che la comunità in se stessa non ha sussistenza, ma, in quanto unità, ha origine per la fede dal Signore stesso, diventa inevitabile in queste condizioni che si arrivi alla dissoluzione in partiti di ogni genere, alla contrapposizione partitica in una Chiesa che lacera se stessa. Per questo abbiamo bisogno di un nuovo movimento liturgico, che richiami in vita la vera eredità del concilio Vaticano II.


(Joseph Ratzinger, La mia vita - Ricordi (1927-1977), San Paolo, Cinisello Balsamo 1997, pp. 113-115)
 

domenica 18 ottobre 2020

Le parti cantate della nuova edizione italiana del Messale Romano: speriamo siano cantate (bene) dai nostri sacerdoti!

Gentili lettori,


immagino saprete tutti che fra poco entrerà finalmente in vigore la nuova edizione italiana del Messale Romano.

La grande novità è che le partiture musicali non saranno più in appendice e/o come allegato asportabile, bensì 'infra', all'interno delle pagine del Messale e, quanto pare, in abbondanza e ispirate in particolar modo al canto gregoriano.

Vi è però un "però": posto che cantare non è obbligatorio, chi inciterà i nostri sacerdoti (e i seminaristi che sacerdoti diventeranno) a cantare, non solo, ma a cantare bene?!...

In proposito sant'Agostino ha scritto: «Ognuno chiede in qual modo cantare a Dio. Canta a Lui, ma canta bene. Egli non vuole che le sue orecchie siano offese. Canta bene, fratello» [S. Agostino, Esposizioni sui salmi, Commento secondo al salmo 32, paragrafo 8].

Ulteriori informazioni, con qualche exemplum di partitura, in questo articolo di presentazione apparso il 17 settembre 2020 su Avvenire.

Grazie per la cortese attenzione e buona lettura a voi.

Paolo Bottini

Cremona, il 18 ottobre 2020

sabato 3 ottobre 2020

Musica santa, bella, universale


Gentili lettori,

poco più di un anno fa Papa Francesco incontrò a Roma le scholae cantorum affiliate all'Associazione Italiana Santa Cecilia rivolgendo loro il discorso che si può integralmente leggere cliccando il seguente collegamento internet.

Desidero commentare alcune sue raccomandazioni (che non dicono - purtroppo - nulla di nuovo, solo ribadiscono alcuni concetti da tempo tanto consolidati... quanto disattesi nelle nostre parrocchie!):

- « [...] la Liturgia è la prima “maestra” di catechismo».
    Certo, come insegna "Sacrosanctum concilium" n. 10, la Liturgia è «il culmine verso cui tende l'azione della Chiesa e, al tempo stesso, la fonte da cui promana tutta la sua energia»... Quante e quali energie vengono messe in campo dai vostri parroci a favore del culto divino (ancor prima che del canto e della musica) ?! ...

- «Una bella e buona musica è strumento privilegiato per l’avvicinamento al trascendente, e spesso aiuta a capire un messaggio anche chi è distratto».
    Che qualcuno ci venga finalmente a dire quali sono le caratteristiche di una "bella" e "buona" musica, in modo da avere qualche parametro pratico per la scelta dei repertori vocali e organistici!

- Papa Francesco raccomanda di fare in modo che il canto sia «parte integrante della Liturgia» e tragga la sua ispirazione «al modello primo, il canto gregoriano».
    Sappiamo bene tutti quanto il canto gregoriano sia negletto nelle nostre parrocchie (se qualcuno sapesse che l'Alleluja "delle pietre" fa parte del repertorio gregoriano... verrebbe abolito!!), quanto meno dovrebbe essere tenuto in considerazione dai compositori di nuove melodie per il canto liturgico...

- Il punto sostanziale del discorso di Papa Francesco alle scholae cantorum dell'AISC mi pare tuttavia il seguente: «Non una musica qualunque, ma una musica santa, perché santi sono i riti; dotata della nobiltà dell’arte, perché a Dio si deve dare il meglio; universale, perché tutti possano comprendere e celebrare. Soprattutto, ben distinta e diversa da quella usata per altri scopi».
    Io penso che questi alti concetti di santità, bontà e universalità della musica sacra, mutuati da san Pio X, attendano ancora oggi di essere meglio specificati nel nostro operare ecclesiale: non parliamo della musica organistica (perché sicuramente, ad esempio, la musica per organo di Olivier Messiaen è buona e santa, dato che è intrisa di riferimenti cattolici... provate però a suonare a messa una delle sue composizioni e provate un po' ad immaginare quali potrebbero essere le reazioni del prete e della gente), ma limitandoci al canto liturgico, chi avrà mai il coraggio di stabilire quale canto è santo e quale no, quale ritornello è artistico e quale no, quale acclamazione è universale e quale no... San Paolo VI il 15 aprile del 1971 alle religiose addette al canto liturgico ammoniva: «Non tutto è valido, non tutto è lecito, non tutto è buono. Qui il sacro deve congiungersi con il bello in una armoniosa e devota sintesi». Se questo è vero, mi sembra evidente che qualcosa dovrà essere scartato... La domandona è questa: posto che le linee-guida ufficiali per la scelta dei repertori di canto liturgico esistono e che, come dice Papa Francesco, la musica per il culto divino deve differenziarsi da quella usata in altri contesti, lo stile melodico che ammicca al pop e alla musica cosiddetta "leggera", è ammissibile nel culto divino?!

Grazie per la vostra cortese attenzione e auguri di buona musica a tutti!

Paolo Bottini

Cremona, il 3 ottobre 2020, vigilia della festa liturgica di san Francesco d'Assisi

sabato 15 agosto 2020

L'impoverimento dei riti

Per millenni la Chiesa si è preoccupata di farci capire in tutti i modi – con le parole, con gli atti, con l’architettura, con gli arredi – che la cena del Signore non è soltanto una cena, ma è, come ci insegna il Concilio Vaticano II, la ripresentazione e l’applicazione dell’«unico sacrificio del Nuovo Testamento, il sacrificio cioè di Cristo, che una volta per tutte si offre al Padre quale vittima immacolata» (Lumen gentium, 28). 


In questi ultimi tempi invece agli occhi di molti pare che la più urgente necessità pastorale sia diventata quella di persuadere a poco a poco – con le parole, con l’impoverimento dei riti, con le banalizzazioni dei gesti – che la Messa sia solo il ricordo di un pasto, o tutt’al più la celebrazione di un convito fraterno. 

I nostri padri, stupiti e commossi dalla presenza del «mistero della fede», cioè dell’avvenimento centrale e più determinante della vicenda umana, erano incontentabili nel convocare tutte le arti e tutti i tesori a onorare il sacrificio di Cristo ripresentato tra noi; pare invece che il nostro tempo abbia scelto la strada della riduzione al minimo e della più povera schematicità

Sarà anche una saggezza nuova. Resta però il fatto che, mentre le nostre case si fanno sempre più adorne di lussi e fornite di comodi, noi riserviamo il nostro amore per la povertà ai luoghi della grande e tremenda «Presenza»

C’è da dubitare che il Signore sia proprio di questo parere, lui che per la prima celebrazione eucaristica [...] non ha scelto lo squallore di una stanza disadorna né si è accontentato della casualità di un qualunque locale, ma ha voluto un ambiente di grande dignità: «al piano superiore, una grande sala con i tappeti, già pronta» (Mc 14,15). 

Giacomo Card. BIFFI


- testo tratto da: (omelia del Corpus Domini 1991, in «Bollettino dell'Arcidiocesi di Bologna» LXXXII, 5/1991, pp. 146-148)

domenica 26 luglio 2020

Un destino "profano" per organi delle nostre chiese?!

Gentili lettori,

capita a volte che una parrocchia s'impegni a far restaurare l'organo della chiesa e in seguito, per vari motivi (penuria di organisti, disinteresse dei parroci, prepotenza dei chitarristi liturgici), lo strumento viene suonato sempre più di rado o addirittura lasciato muto: ne consegue che lo strumento accumula polvere e sporcizia, facilmente così si scordano alcune canne ad anima (oltre ovviamente a quelle ad ancia); la situazione peggiora più velocemente se viene (come già spesso comunque accade) tralasciata completamente la manutenzione ordinaria. Risultato: dopo pochi anni si rischia un deperimento che richiederebbe un ulteriore (costoso) intervento straordinario di manutenzione.

Proprio l'altro giorno sono stato a provare un organo in provincia di Mantova restaurato nel 2013 ed abbandonato a sé stesso (poco suonato fino al 2018 e privato totalmente di manutenzione): nonostante l'ottimo lavoro di restauro, lo strumento ha guadagnato diverse stonature nelle canne ad anima nonché piccoli problemi meccanici...

Fossi responsabile in qualche modo, vieterei alle parrocchie di restaurare gli organi se non s'impegnino prima a dotarsi di organisti che li suonino regolarmente previo formale incarico!... Altrimenti che senso ha? Si restaurano gli organi con soldi eventualmente versati dai fedeli della comunità... Alla quale magari sembra nulla importare se la loro offerta ha contribuito al restauro di un muto soprammobile!

Siccome in questi nostri tempi, invece, sembra utopico pagare organisti che suonino gli organi nelle chiese durante le messe - e data anche la rarità di organi in teatri e auditorium - qualcuno ipotizza che vengano quanto meno garantiti eventi extra-liturgici quali concerti, visite guidate, corsi di perfezionamento per organisti, lezioni-concerto per appassionati e così via: per scongiurare l'inedia di organi restaurati ma dimenticati!

Insomma, la riscossa "laica" degli organi delle chiese!

Rimane pur sempre il rischio di far passare nelle persone, a partire dai fedeli parrocchiani, il messaggio che i nostri (più o meno antichi) organi non sono stati collocati in chiesa per la gloria di Dio ma, quasi esclusivamente, per la (pur sempre auspicabile) santificazione dei laici appassionati di musica d'organo che si recano in chiesa per ascoltare concerti, lezioni eccetera!

E che ne facciamo allora dell'assunto «Si tenga in grande onore l'organo a canne» del Concilio Vaticano secondo?!

Ci sarebbe solo d'augurarsi che le eventuali iniziative "laiche" siano condotte tenendo ben presente lo scopo finale: l'uso dell'organo nella liturgia da parte di persone competenti ed eventualmente pagate il giusto!

Ci vorrebbero, comunque, preti sensibili a questa buona causa...

Grazie per la cortese attenzione e auguri di buona musica a tutti!

Paolo Bottini


sabato 4 luglio 2020

GRADUALE SIMPLEX





Gentili lettori,

consultate al seguente collegamento internet [*] ed eventualmente decidete di acquistare una copia cartacea del GRADUALE SIMPLEX!

È un libro liturgico ufficiale della Chiesa cattolica promulgato nel 1967, a pochi anni dalla chiusura del Concilio vaticano secondo, per ottemperare all'imperativo del n. 117 della costituzione conciliare sulla sacra liturgia "Sacrosanctum Concilium" di preparare «un'edizione [dei libri di canto gregoriano] che contenga melodie più semplici, ad uso delle chiese più piccole».

Ma si sa, purtroppo, che il latino e il canto gregoriano sono cose molto impopolari tra il clero italiano, se non addirittura palesemente (o peggio nascostamente) osteggiate...
Che bel successo sarebbe, invece, se questo libro fosse reso d'obbligo innanzitutto per i seminaristi: diventati preti, avrebbero sicuramente un punto di riferimento da proporre alle spesso scalcagnate forze liturgico-musicali delle parrocchie italiane...

I cori parrocchiali più diligenti, poi, potrebbero utilizzare il "Graduale seimplex" per imparare, quanto meno, il canto dell'ordinario della Messa (è incluso un "Kyriale" con le parti fisse) e ancor più i canti propri delle diverse solennità e tempi liturgici dell'anno.

Mai assistito a questa scenetta, qualche minuto prima della messa parrocchiale? «Ragazzi, prendete il libretto dei canti e vedete se c'è qualcosa che ci azzecca col Vangelo del giorno!»...

Ormai da decenni siamo abituati a fare canti passepartout, invece per molti potrebbe risultare sorprendente venire a conoscenza che ogni domenica dell'anno liturgico ha i suoi canti propri, i cui testi non sono cambiabili a piacere, mentre la musica può essere composta in modi differenti, sempre rispettando però il testo ufficiale dei canti del giorno.

È quanto scritto al n. 121 di "Sacrosanctum Concilium", quando si parla dei musicisti affinché «compongano melodie che abbiano le caratteristiche della vera musica sacra; che possano essere cantate non solo dalle maggiori scholae cantorum, ma che convengano anche alle scholae minori e che favoriscano la partecipazione attiva di tutta l'assemblea dei fedeli. I testi destinati al canto sacro siano conformi alla dottrina cattolica, anzi siano presi di preferenza dalla sacra Scrittura e dalle fonti liturgiche».

Vi chiederete ora: perché tutti i libri liturgici del Concilio sono stati adattati nelle lingue volgari e il "Graduale simplex" (assieme al fratello maggiore "Graduale romanum"), che contengono testi che non si dovrebbero mutare a piacimento (v. "Sacrosanctum Concilium" n. 22,3), sono rimasti patrimonio degli esperti di canto gregoriano e dei circoli di liturgisti (quelli di una certa frangia, perché altri il gregoriano lo aborrono, così come aborrono la lingua latina)?!

Il canto gregoriano del "Graduale simplex" come nuovo (si fa per dire) strumento di coesione liturgico-musicale dei cattolici italiani...

Ma il problema non è il canto gregoriano in sé, bensì la lingua latina: quale parroco avrebbe il coraggio di difendere l'utilizzo del latino nel culto davanti alle vive proteste dei fedeli, soprattutto dei genitori che si scandalizzerebbero che i loro figli vengano obbligati a cantare «Cantate Domino canticum novum» o «Ave Regina coelorum» ?! ...

Cordialmente vostro

Paolo Bottini

Cremona, il 4 luglio 2020


[*] ci vuole pazienza nel caricamento perché il file è molto pesante!


sabato 20 giugno 2020

Chiese piene di giovani che cantano accompagnati dall'organo (?!)...


Si sente dire sempre più spesso (perché è vero!) che in chiesa si vedono pochi giovani.

Per questo ci sono i soliti intelligenti operatori pastorali che suggeriscono che, così come la lingua latina è stata soppiantata a favore della lingua italiana, l’organo sia rimpiazzato dalla chitarra, strumento "giovane" e che attirerebbe i giovani a Messa, perché il suono della chitarra sarebbe più gioioso e allegro rispetto a quello dell'organo, strumento musicale dei tempi andati che, se proprio, si potrebbe utilizzare solo nelle festività più solenni.

Mi pare ovvio che di per sè i giovani non sono attirati a Messa dalla presenza di chitarra e canti pop: la loro assenza è invece da imputare unicamente alla poca lungimiranza dei parroci che non sono in grado di apprezzare il potere attrattivo universale del canto e della musica di qualità affidati a professionisti opportunamente formati ad interagire simbioticamente con le esigenze del culto.

Inutile ricordare qui che, circa gli strumenti, la costituzione liturgica "Sacrosanctum Concilium" chiede che «nella Chiesa latina si abbia in grande onore l’organo a canne, strumento musicale tradizionale». Ammette, tuttavia, altri strumenti, «a giudizio e con il consenso della competente autorità ecclesiastica territoriale» e, «purché siano adatti all’uso sacro o vi si possano adattare, convengano alla dignità del tempio e favoriscano veramente l'edificazione dei fedeli».

Mi chiedo se nel mezzo secolo nel frattempo ampiamente superato, vi sia mai stato in Italia un vescovo che abbia seriamente preso in considerazione queste parole e, di conseguenza, abbia legiferato sulla liceità dello strumento musicale chitarra nella liturgia... Così a naso sarei pronto a scommettere di no...

Del resto, già tutti i documenti del magistero sono ben attenti a non fare un elenco di strumenti ammessi oppure proibiti. Ad esempio l'istruzione "Musicam sacram" dice solo che vanno esclusi gli strumenti che, «secondo il giudizio e l'uso comune, sono propri della musica profana».

Ma cosa vorrebbe dire ciò, dato che ogni strumento (a parte, guarda caso, l'organo a canne) è usato per la musica "profana"?

I punti essenziali sono altri: innanzitutto un'adeguata formazione musicale e liturgica di chi suona, ma anche di chi sceglie i canti e dirige il coro...

E a proposito: chi sceglie i canti?!.. Il parroco, il vicario parrocchiale, il catechista, l'agitatore liturgico di turno, la suorina-karaoke, la pia donna in prima fila, il sacrista, i ragazzi dell'oratorio oppure il direttore del coro o l'organista?!...

La verità è che non vi è un ruolo ecclesiale cui sia demandato l'incarico di occuparsi ufficialmente della scelta del repertorio dei canti liturgici, di conseguenza vi è il mare magnum dell'aleatorietà domenicale all'italiana!...

Ad ogni modo, mi piacerebbe raccogliere testimonianze di parrocchie piene di giovani dove il parroco stimola l'intelligente uso del canto liturgico accompagnato da un bravo organista...

Cordialmente vostro


domenica 10 maggio 2020

«Il Papa prega per gli artisti: senza il bello non si può capire il Vangelo»... invece ugualmente sì!




Quindi d'ora in avanti bruciamo tutti gli organi elettronici (dico quelli senza canne, detti anche in gergo "pornofoni") e paghiamo gli organisti?!

Il fatto è che gli organisti (soprattutto quelli che hanno una vera passione per lo strumento musicale) hanno comunque in qualche modo interesse a rimanere legati alla Chiesa, perché la maggior parte degli organi stanno appunto nelle chiese (non tutti gli organisti si accontentano di un algido "Hauptwerk" in casa)!

Dunque in fin dei conti essi non avrebbero alcun interesse a montare proteste ufficiali per il mancato riconoscimento economico...
Grazie comunque al Papa che ha pregato per gli artisti musicisti di chiesa!... Peccato che nulla si abbia provveduto affinché a questi artisti che servono la liturgia - fonte e culmine della vita cristiana - venga riconosciuta non solo la mercé per il loro servizio, frutto di una formazione professionale durata anni e sacrifici, ma nemmeno una formale pubblica attestazione di riconoscenza!

Certo, sicuramente doverosa è l'esaltazione del "bello" in maniera teorica, cui purtroppo in pratica non corrisponde da parte della Chiesa un atteggiamento di cura e di valorizzazione delle cose belle ma soprattutto delle persone grazie a cui il bello viene prodotto!

Insomma, è sotto gli occhi - nonché orecchie - di tutti la trasandatezza e la sciatteria di tante celebrazioni liturgiche (in proposito leggasi il chirografo di San Giovanni Paolo II), proprio a partire dal canto e da chi il canto lo accompagna strumentalmente: si dice, a giustificazione, che il Signore guarda al cuore e non alle opere...

Perché invece il Papa non dichiara apertis verbis che degli organisti preparati e dei professionisti della musica alla Chiesa non interessa veramente... perché tanto si troverà sempre uno schiacciatasti disposto di suonare il pornofono in parrocchia o il Tamburini di San Pietro in Vaticano!

Invece dobbiamo periodicamente sorbirci queste ipocrite affermazioni sul valore del bello...

Ma anche se il Papa dichiarasse «Cari organisti, di soldi per voi non ce n'è!», scommetto che nessun organista avrebbe il coraggio per protesta di consegnare al parroco le chiavi dell'organo: a tanti, più che il servizio liturgico, interessa figurare di essere «titolari» di quello che è pur sempre magari uno strumento musicale di un certo pregio.

Nulla di male in ciò, proprio perché il bello conquista tanti... tranne il clero che ci dimostra, ormai da decenni, che delle cose belle se ne può fare a meno!


Cremona, il 10 maggio 2020, Quinta domenica di Pasqua


giovedì 23 aprile 2020

Sull'opportunità o meno delle tele-messe e delle messe "virtuali" in internet


Riporto qui in calce quanto si può leggere nel forum del sito "Organi & Organisti" circa quanto in oggetto.

* * *

Cito dalla lettera che tale David Critchley (da Winslow, Buckinghamshire, Regno Unito) inviò a Sandro Magister il 22 aprile 2020 (pubblicata in rete nel blog "Settimo Cielo" per conto di «L'Espresso») ponendosi domande sull'opportunità o meno di assistere a tele-messe:

«[...] Che dire delle persone che amano ascoltare concerti sacri, ma non vanno a messa? Non potrebbero finire con l’assistere a una messa online per il piacere della musica? [...]».

Do la mia risposta.

Sicuramente in Italia assistere ad una messa in cui vi sia musica e/o canto eseguiti come il salmista comanda («Cantate inni con arte» - Salmo 46,8) è cosa abbastanza rara, in quanto canto e musica per il culto vengono quasi sempre affidati a chiunque abbia solo un briciolo di buona volontà (Dio guarda al cuore - si dice - non alle opere), ma scarsa competenza non solo musicale ma anche liturgica...

Quindi è sicuramente di buon auspicio sperare che vi siano tante conversioni al cattolicesimo grazie alla visione di messe in internet e/o televisione nelle quali canto e musica siano affidate a professionisti o comunque a gente che sa suonare e/o cantare decorosamente!... :-)

domenica 29 marzo 2020

La Nuova Liturgia ha rinunciato alla bellezza della musica: parola di Domenico Bartolucci!

«La Nuova Liturgia nata da intenti pastorali ha creduto di rinunziare a questa bellezza per incrementare la partecipazione del popolo, come se questa bellezza non fosse creata via via nei secoli, oltre che a dare gloria a Dio, per il nutrimento più sano, più sostanzioso del popolo. Quali frutti potrà ritrarre questo povero popolo dal far da sé, dal cantar da sé dei canti, o non a lui adatti o, se a lui adatti, insulsi e brutti, tali da dissacrare la stessa liturgia, io proprio non saprei. Il tempo giudicherà!»  
[Domenico BARTOLUCCI, dall'Introduzione al Quinto Libro dei Mottetti (1985)]

giovedì 19 marzo 2020

Giacomo Baroffio sulla IV domenica di Quaresima


Riflessione quaresimale di Giacomo Baroffio 

Domenica IV di quaresima (22 marzo 2020)

L æ t a r e I e r u s a l e m
conventum facere . diligere . gaudere
exultare . consolatio

A metà quaresima, al centro dell’itinerario di preparazione alla santa Pasqua, la Chiesa abbandona il colore violaceo e indossa un rosaceo che non può passare inosservato. È un richiamo a scoprire nella penitenza il bagliore di una luce confortante e rassicurante, scintille che anticipano la caleidoscopica sinfonia cromatica della risurrezione di Cristo. E di ciascuno di noi. È difficile attraversare la valle oscura dell’esistenza come succede oggi a livello globale. 

Un virus microscopico sta mettendo in ginocchio non una piccola e circoscritta area del mondo. Tutta la terra è attraversata da una spada che divide, separa, cancella l’esistenza di tante persone deboli e indifese. Se nella quaresima riusciamo a recuperare la coscienza della nostra precarietà e del nostro peccato – grazie alla riflessione orante e all’esame approfondito dei nostri moti interiori e delle nostre azioni – quest’anno un virus imprevisto ci aiuta improvvisamente a scoprire le carte dei nostri giochetti. Siamo completamente disarmati, vaghiamo senza meta da una stanza all’altra o, forse, soltanto intorno a un tavolo, sempre più vuoto di beni necessari e sempre più stracarico di ripensamenti, pianti e rimpianti, nostalgie. 

Messi completamente a nudo, raggiungiamo quel particolare stadio del vivere sociale che ci aiuta a scoprire tanti aspetti dell’esistenza che rischiano di essere trascurati prima, poi definitivamente dimenticati. Riusciamo, infatti, a inebriarci con i fumi aggressivi delle illusioni mondane che ci riempiono di vuoto scacciando dal nostro cuore D-i-o, il prossimo e, infine, anche noi stessi. Il virus non ha solo un’incidenza negativa sul nostro fisico; esso può contribuire a ridestare e vivificare la nostra persona. Cominciando a demolire i nostri alibi inconsistenti, a frantumare le ridicole e insieme tragiche finzioni dei poteri ‘forti’, capaci di combinare carognate a scapito dei poveri, destinati a essere delegittimati e privati dei loro diritti.

Si tratta allora di debellare falsità e moti di panico. Operazione, certo, non facile, ma necessaria e urgente. Come muoverci? 

L’antifona d’introito è chiara al riguardo e ci propone di seguire la parola del profeta Isaia (cap. 66). Figli di Abramo e cittadini di Gerusalemme, anche noi, cominciamo ad accogliere l’annuncio e la promessa che possiamo risollevarci e riprendere il cammino. Con serenità, lasciando che il nostro cuore sia percorso da una folata di letizia (Lætare Ierusalem). Sempre pronti a isolarci e a ergere difese per non avere fastidio, diveniamo solidali con quanti amano Gerusalemme (qui diligitis eam): questa è la premessa obbligata per superare l’oscurità della tristezza (in tristitia fuistis), per gioire spensieratamente e vivere in letizia (gaudete cum lætitia).

L’orizzonte si apre, mostra tutta la sua ampiezza. È una nuova primavera. Diffonde la fragranza dei fiori che colorano i territori destinati ad accogliere nuove vite e, prima ancora, nuovi stili di vita. Dove nessuno è isolato o emarginato o rifiutato, perché tutti siamo figli di D-i-o. E diveniamo, finalmente, l’uno consolazione per l’altro. Per tutti gli altri, nessuno escluso.

Nel cammino penitenziale giunge il momento degli scrutinii, della prova che ripercorre le tappe del catecumenato. Ciascuno riprende in mano la Parola di D-i-o che la Chiesa ci propone (traditio) e nella vita quotidiana la restituiamo alla comunità filtrata dalla nostra esperienza (redditio). Tutti in ogni grado di scuola, a cominciare dalle elementari, abbia ammirato Giulio Cesare e ricordiamo sempre le sue parole: Veni Vidi Vici. Dopo il combattimento contro le asperità della vita quotidiana, con il cieco nato abituiamoci a pronunciare un’altra triade, degna di un onorato stratega che si ritrova vittorioso, ma che sa pure di essere sempre sotto assedio: Abii, Lavi, Vidi.

Nel battesimo abbiamo avuto dal Signore Gesù una consegna. Sostenuti dalla sua Parola, ci siamo messi in cammino (abii), abbiamo soddisfatto il precetto della purificazione (lavi), abbiamo sperimentato la grazia di D-i-o e, finalmente, vediamo (vidi). 

Vedere D-i-o, è il nostro sommo desiderio. Prepariamo gli occhi del nostro cuore all’Incontro: cerchiamo di vedere il passato con occhi nuovi; cerchiamo di scoprire la novità dovunque si mostri. Buon proseguimento di quaresima.

sabato 7 marzo 2020

L'istruzione «Musicam sacram»: questa sconosciuta...



... inapplicata perché dai più misconosciuta: è l'istruzione «Musicam sacram» promulgata il 5 marzo del 1967!

Anzitutto bisognerebbe che qualcuno ci dicesse quale sia l'effettivo valore magisteriale di una semplice "istruzione" promulgata da una Congregazione vaticana che, comunque , non impone obblighi né vincoli di sorta grazie ai suoi prudenti "sperare", "proporre", "sforzarsi", "è bene", "conviene", "è opportuno", "si preferisca", "si consiglia"...

I vescovi italiani, invece, riguardo canto e musica per il culto divino, dovrebbero fornire - finalmente - precise e comuni regole liturgico-musicali di base cui ogni sacerdote, in tutte le diocesi, dovrebbe attenersi!

Io credo che ci illuderemmo a pensare che la Chiesa italiana veramente arrivi ad "obbligare" a fare una cosa ben precisa in questa materia, quando la stessa succitata istruzione recita in incipit così:

- «È lecito SPERARE che i pastori d’anime, i musicisti e i fedeli, accogliendo volentieri e mettendo in pratica queste norme, uniranno, in piena concordia, i loro sforzi per raggiungere il vero fine della musica sacra "che è la gloria di Dio e la santificazione dei fedeli"».

Voglio dire che il legislatore, in partenza, non ha voluto affatto legiferare... bensì semplicemente dare paterni consigli (che, come insegna la parabola del figliuol prodigo, possono essere tranquillamente disattesi)!


Vi saluto con affranta devozione.


Cremona, il 6 marzo 2020
p.s.: per il 50° della "Musicam sacram" Papa Francesco aveva pronunciato parole di circostanza che v'invito a leggere ed eventualmente a commentare in rete nel forum di "Organi & Organisti"