Gentili
lettori,
cercate
in rete le parole «organista curriculum» e noterete che raramente
ne troverete uno che non contiene la dicitura «organista titolare»
riferito al ruolo di organista che quel tal musico svolge a servizio
(più o meno regolare, questo mai è dato saperlo) del culto in
quella tal chiesa.
Ci
pare che questo sia un vero e proprio abuso d’ufficio o, quanto
meno, appropriazione indebita di titolo fasullo!
Infatti,
mi pare che la definizione di «titolare» di un organo o di un
ufficio liturgico dovrebbe essere propria solo di coloro che hanno
ricevuto ufficialmente un incarico dal preposto parroco (o chi ne fa
le veci) con relativa lettera di nomina (il che non presuppone che
sia sottinteso né un regolare contratto di lavoro né, tanto più,
una qualsivoglia forma di remunerazione).
In
tutta Europa ogni chiesa ha sempre avuto un musicista responsabile
della musica, che poteva essere un maestro di cappella o un organista
oppure entrambi, anche fino a tempi molto recenti, come ci testimonia
questo contrattino cortesemente segnalatomi da Mario Lanaro e
riguardante una proposta di accordo effettuata a suo padre da parte
del parroco di Malo:
Malo
(Vicenza), 7 ottobre 1946 - Ill. Sig. [Severo]
Lanaro, pregasi esaminare le condizioni da noi qui sotto esposte
quale organista della Chiesa di Molina: l’organista si obbliga ad
accompagnare le Messe nelle feste più solenni dell’anno, più la
Domenica della sagra. Così il suddetto si obbliga di fare una prova
prima dell’esecuzione di ogni Messa. Le prove che saranno
necessarie saranno stipendiate a £ 25 l’ora. Per accompagnamento
della Messa £ 400 ed un quintale di frumento ed un quintale di
granoturco. Le Messe cantate sono diciotto. Se qualche volta potrà
venire alle funzioni si farà contratto a parte. Ecco le condizioni,
aspetto risposta se accetta prima ch’io metta in libertà
l’organista attuale. Ossequi. Sac. Romolo Capozzo, Parroco della
parrocchia di S. Maria di Molina in Malo.
Se
tale comportamento era ritenuto norma anche in un paese di provincia,
vien da chiedersi perché al giorno d’oggi nessun parroco nemmeno
si sogna di proporre ad un organista una scrittura privata per
stabilire doveri e diritti!
Ancor
prima di toccare la questione della remunerazione – che di per sé
rimane non obbligatoria per una parrocchia, così come nemmeno
obbligatorio è dotarsi di organo e di organista – non sarebbe atto
di civiltà giungere alla stipula di una convenzione nazionale in
modo da stabilire norme comuni per l’individuazione del «titolo»
di organista al servizio di una chiesa?
E,
dato che la maggioranza degli organi nelle chiese italiane ricade
sotto la tutela di un’apposita legge dello Stato, ci pare che
risulti vieppiù urgente la nomina, di concerto magari con le
competenti Soprintendenze regionali, di un vero e proprio «organista
titolare» nelle chiese che custodiscano strumento di interesse
storico-artistico, ad onta del fatto che la vera qualità della
musica cultuale e del canto liturgico non interessa se non ad una
minoranza tra i pastori d’anime!
Dunque:
alla Chiesa italiana non importa che si faccia dignitosa musica e
canto nelle attività di culto per mezzo di musicisti competenti?
Allora che ai musicisti competenti venga affidato innanzitutto
l’ufficio di «organista titolare» responsabile della
valorizzazione dello strumento musicale organo tramite audizioni
pubbliche e/o private, nonché della sua conservazione quale bene
culturale, ovvero della sua manutenzione ordinaria (suonarlo dieci
minuti a settimana, tenere pulito e in ordine lo strumento, tener
lontani topi, ghiri, piccioni e... cialtroni incompetenti e boriosi!)
e straordinaria (una revisione generale ogni dieci anni: la gente non
si rende conto che l’organo è una macchina che abbisogna di fare
periodici “tagliandi”, non come un quadro o una statua che
bastano di una spolverata pasquale e via!).
All’organista
«titolare», ufficialmente nominato a svolgere detti incarichi,
competerebbe altresì il ripristino di quella onesta pratica, pure
oggi dismessa, del collaudo ufficiale di uno strumento nuovamente
costruito o di un antico restaurato prima che venga riconsegnato,
chiavi in mano, al responsabile della chiesa ove è custodito.
Riassumendo:
che non accada più, grazie alla ufficializzazione della figura di
«organista titolare», di dover vedere un organo, bene storico e
artistico da tutelare assieme a tutti gli altri, deperire per colpa
del disinteresse di un parroco e/o di una comunità parrocchiale e/o
di un pigiator di tasti della domenica!
Rimane
tuttavia un quesito: siccome ben raramente un parroco accetterebbe
siffatto “contratto” con un organista senza adeguati stimolo e
supporto istituzionali provenienti dai “piani alti”, bisognerebbe
far partire il processo da parte di due soggetti a livello nazionale
che stipulino un accordo valido su tutto il territorio nazionale:
dunque, chi dovrebbero essere questi due soggetti? Lo Stato e la
Chiesa? Lo Stato e un’associazione professionale di organisti?
Oppure i tre citati assieme? Aqui
està el busillis! Dios nos valga!
buon giorno.COndivido nello spirito l'articolo del m° Paolo Bottini.Tuttavia mi permetto fare un paio di postille.1.-le normative istituzionali(sia private-la Chiesa Cattolica attraverso il clero-che civili-lo Stato attraverso le sue diramazioni faraonicamente burocratiche) sono interpretate,gestite,attuate da UOMINI.Quindi la loro efficacia viene condizionata dall'Uomo che fa quello che vuole(basti osservare ciò che accade in Italia con un governo che nessuno ha eletto e che si permette di cambiare regole della COstituzione,leggi elettorali ecc).2.-da una parte abbiamo ,nel clero ,una varietà di educazione,sensibilità,istruzione veramente strabiliante.Ciò fa si che in alcune Diocesi vi sia ordine ,disciplina e correttezza nell'applicare le regole.In altre ,invece si raggiunge persino un accanimento "pauperistico","proletario","carico di odio verso tutto ciò che è tradizione,Cultura,Arte,Culto e liturgia classiche.Ciò vale sia per i dirigenti(Vescovi)spesso non formati musicalmente e che hanno in odio la musica,nonostante fingano di tollerarla;sia per i comuni preti che interpretano anch'essi l'applicazione delle regole (al riguardo della musica per la liturgia) come fa comodo.E molto spesso le applicano secondo una maleducazione o ineducazione ricevuta in seminari sessantottini.3.-quanto agli organismi Statali:le Soprintendenze sono composte da storici dell'arte,dottori generici,titolati di accademie (d'arti figurative).Quasi tutti nascondono la loro impreparazione musicale ed organologica(e ,sempre,la loro ignoranza della liturgia cattolica) dietro un attivismo nel inventare protocolli e cavilli burocratici,finalizzati più che a tutelare,salvaguardare concretamente gli Organi,a raccogliere dati,misure,dettagli.Naturalmente in maggioranza stando seduti alla scrivania,attraverso computer.
RispondiEliminaA fronte di questi malfunzionamenti dell'Uomo possiamo espandere all'infinito regole,leggi,decreti ma senza risultati.Anzi avremo giusto risultati contrari,come accade nel settore restauro Organi dove ,sempre di più,per evitare di passare attraverso cavilli delle Soprintendenze,(nei sempre meno casi dove la sensibilità musicale vuole un Organo a sostegno della liturgia) si acquistano strumenti usati di recente costruzione,pianole elettroniche abbandonando gli antichi strumenti soggetti a tutela.
E mi fermo perchè il discorso potrebbe espandersi ulteriormente considerando che ,a tutela ,guida delle scelte musicali e organologiche vi sono spesso(in campo civile e religioso)persone incapaci e di basso profilo.Messe in quella posizione da superiori che chiaramente ritengono la musica il fanalino di coda nella CHiesa.
Caro Maestro Bottini,
RispondiEliminacondivido pienamente quanto affermi; mi sento soltanto di aggiungere che il problema a mio giudizio non è tanto l'abuso di una titolarità precaria quanto piuttosto l'abitudine diffusa tra i suonatori di organi di proporsi quali organisti senza nemmeno essere in possesso del titolo specifico che ne certifichi la preparazione accademica . D'altra parte, le competenze richieste oggi ad un "organista" liturgico sono adeguate al livello base di canti ed accompagnamenti e, soprattutto, alle capacità musicali di assemblee e cori parrocchiali volenterosi ma impreparati. Per gli stessi committenti non è determinante la preparazione dell'organista quanto piuttosto la sua disponibilità ad essere presente nella vita della comunità. Non credo che sia solo un problema di retribuzioni: nella maggior parte dei casi anche i volontari vengono pagati, ma "in nero" e senza vincoli se non quello di accompagnare matrimoni, funerali ed altre cerimonie da cui derivi un riconoscimento economico. Riporto brevemente la mia esperienza di organista titolare. Dal 2000 sono organista della Basilica della Salute di Venezia, assunta a tempo indeterminato con regolare contratto modellato sul Contratto Nazionale degli Addetti al Culto con la "mansione" di Organista e con i contributi versati all'Enpals. Oltre ad un orario di lavoro base settimanale feriale (ferie solo ad agosto) devo essere disponibile ad "eseguire lavoro supplementare a richiesta del Rettore", messe, vespri, cerimonie particolari, visite illustri (il Papa Benedetto XVI nel 2011). Accompagno una messa al giorno, suono un Vespro d'Organo al giorno durante la settimana ed un Vespro d'Organo particolare (con programma sempre vario) il fine settimana. Ovviamente non mi resta molto tempo per altre attività fuori città. Non uso la Basilica per organizzare "concerti scambio" o rassegne slegate dal contesto liturgico. Per me "essere organista titolare in una chiesa in Italia oggi" significa aver dato disponibilità umana e professionale ad un "servizio" che non ha diritti perché ha in realtà molti privilegi. Mi rendo conto che ciò che è possibile nella "mia" Basilica non sia facilmente riproponibile in differenti contesti, tuttavia sarei felice di confrontarmi con esperienze analoghe di altri colleghi: ti ringrazio se vorrai accoglierle in questa pagina. Un caro saluto. Paola Talamini