custodito nella basilica di Santa Maria di Campagna in Piacenza
[…] L'organista di chiesa, […] messo alle strette da imprevedibili esigenze di servizio, non può certo limitarsi al ruolo di semplice accompagnatore. Il culto odierno della Chiesa cattolica non è certo stimolo alla fantasia, ma caso mai alla sua compressione. Oggi si parla molto di fantasia e creatività liturgiche e le intenzioni potrebbero essere buone se la realtà non le sconfessasse. Peccato che in quest'ansia creativa l'organo trovi sempre meno spazio e, guarda caso, proprio nel momento in cui i giovani (questi giovani!) lo richiedono sempre più con insistenza.
Quali le prospettive dell'organista-improvvisatore nel nuovo corso liturgico? Siamo onesti e sinceri: volendo sarebbero tante, ma dovendo il più delle volte cozzare contro l'ottusità e la saccenteria di chierichetti in fregola di avventure musicali, «organa silent» (tacciono gli organi) e urlano i beoti tra strepiti di batterie e canti di efebi. È previsto che l'organista possa suonare in libertà prima e dopo la Messa (cioè a chiesa vuota! E sarebbe come fare un'omelia prima e dopo la Messa), poi all'Offertorio, ma sempre con «licenza delli superiori», cioè del pretino che vuole parlare durante «tutta» la Messa. Può suonare, ma con sottofondi, come si fa con la réclame ai dentifrici in TV, durante la recita del Canone. Alla Comunione, finalmente, gli si dà un po' di tempo. Nonostante queste remore, inventate chissà da chi, nelle chiese dove l'assemblea canta o bela, l'organista può prodursi in preludi, interludi, postludi brevi, sul tipo del versetto per introdurre, intercalare o concludere il canto. Non c'è dubbio che questi potrebbero essere momenti opportuni per improvvisare, proprio nello spirito della liturgia di sempre. Il preludio al Corale delle chiese protestanti, ma anche cattoliche, è lo stimolo più efficace per l'Improvvisazione. Quando questo Corale, o Inno, o Canto genericamente inteso prevede più strofe, è quanto mai opportuno che l'irganista lo vivacizzi con interludi. Se poi il tempo lo consente, la conclusione con postludio sarebbe più che pertinente, ma in questi casi occorre una collaborazione fra ministri, ministranti e «ministresse» tutt'altro che facile da raggiungere. Gli appelli al buon senso per ora hanno dato scarsi risultati. C'è solo da sperare che la noia di certi riti, divenuti già ritualismi, sia la medicina più efficace per quegli zeloti che umiliano l'arte in nome di riforme cervellotiche e assurde.
Per fortuna i concerti d'organo sono oggi una consolante realtà, nemmeno ipotizzabile fino a venti anni fa, almeno qui in Italia. Si avverte in questi concerti una più pronunciata coscienza musicale nel pubblico e di pari passo, anche se con fatica, un impegno sempre più positivo di giovani organisti che stanno guadagnando il tempo perduto dai loro predecessori. Ma non bisogna farsi illusioni e non confondere i «revivals» o le mode con la maturità della gente; quindi darsi da fare per restituire all'organo le sue funzioni legittime nel luogo, nel tempo e nel modo che gli furono congeniali, in quel contesto liturgico per il quale sommi musicisti scrisse pagine immortali di struggente commozione. Il «suspendimus organa nostra» degli Israeliti deportati in Babilonia sia solo il ricordo, il triste ricordo, di una stagione di follie che deve passare: sarebbe un insulto atroce alla civiltà, all'arte, alla cultura, oltre che alla millenaria saggezza di quella Chiesa che, col Vaticano II ha rivalutato l'Organo e per di più proprio l'Organo a canne («Organum tubulatum») ma che l'anarchia del post Vaticano II ha già bruciato fra le fiamme di un riformismo fanatico e lunatico in cui la musica è mortificata, soffocata, banalizzata fino al ridicolo.
È già stato scritto da altri più autorevoli di me e per questo lo posso ripetere con tutta tranquillità: «La vecchia liturgia cattolica ha fatto arrabbiare tanta gente, ma non ha mai fatto ridere nessuno» (da: Vittorio Giovanni Rossi, Il morto è tutto contento d'esser morto, periodico «Epoca», 26 Settembre 1971).
Niente di peggio che il ridicolo per squalificare un uomo o una istituzione. Ma io, nonostante tutto, ho fiducia e spero quindi che la sconfitta del dilettantismo orgoglioso e provocatorio sia inesorabile. Non è credibile che l'attuale ubriacatura che mortifica la musica e che ha dato l'ostracismo all'Organo o al Canto Gregoriano (questo veramente ormai sepolto) possa durare oltre. Anche il conformismo ha la sua stagione di stanchezza: già se n'avvertono i sintomi.
Tutto questo per l'organista liturgico, oggi ancora chiamato in causa come improvvisatore: per gli altri, libertà, opportunità, capacità e fantasia non dovrebbero conoscere confini!...
- testo tratto da: Pellegrino Santucci, Consonanze e dissonanze, pro manuscripto, Bologna 1993, pp. 265-267