Liturgia & Musica

Questo spazio nasce dalla mia esperienza di moderatore della mail circolare "Liturgia&Musica", avviata nel dic. 2005 per conto della “Associazione Italiana Organisti di Chiesa” (di cui fui segretario dal 1998 al 2011) al fine di tener vivo il dibattito intorno alla Liturgia «culmine e fonte della vita cristiana» e al canto sacro che di essa è «parte necessaria ed integrante» unitamente alla musica strumentale, con particolare riferimento alla primaria importanza dell'organo.

______________

domenica 28 agosto 2022

Chi canta prega due volte.... ma non per Sant'Agostino!



Gentili lettori,


sapete voi che il celebre motto "chi canta bene, prega due volte" (bis orat qui bene cantat) in realtà non proviene direttamente dagli scritti di sant'Agostino (come forse ancora oggi molti credono e/o continuano a proclamare)?!

Vero è, comunque, che al santo vescovo d'Ippona premesse particolarmente il cantare bene: 

«Ognuno chiede in qual modo cantare a Dio. Canta a Lui, ma canta bene. Egli non vuole che le sue orecchie siano offese» (cfr. <http://liturgiaetmusica.blogspot.it/2013/12/santagostino-cantare-bene-a-Dio.html>).

Grazie sempre per la vostra cortese attenzione.

Paolo Bottini

Cremona, domenica 28 agosto 2022, festa liturgica di S. Agostino


* * *


Chi canta prega due volte.... ma non per Sant'Agostino! [*]

di Daniele Casi

Ricorrendo la memoria liturgica di Sant'Agostino d'Ippona, Vescovo, Confessore e Dottore della Chiesa e per doveroso atto di devozione ci viene di fare un piccolo atto di giustizia a colui che mons. Antonio Livi definisce: «il massimo pensatore cristiano del primo millennio e certamente anche uno dei più grandi geni dell'umanità in assoluto».

Troviamo, infatti, sommamente ingiusto che, della sua sterminata produzione, "il grande pubblico" conosca, quando va bene, il titolo di un paio di opere ed ancor peggio la trita frase-mantra: «Chi canta bene, prega due volte». Ebbene, signori e signore, il Santo Vescovo d'Ippona, tali parole mai le pronunziò, ne tantomeno le scrisse. Sì, ho verificato anch'io, se cercate su Google vengono fuori ben 49.200 referenze che attestano il contrario e molti di voi l'avranno appresa, come chi scrive nella sua tenera infanzia, dalla viva voce di zelanti parroci e di altrettante suorine 'addette ai canti'.

Difficile dire da dove sia nato il "mito".

Forse dall'Ordinamento Generale del Messale Romano [...] che al n. 39 recita: « [...] perciò dice molto bene sant' Agostino: "Il cantare è proprio di chi ama" [Sermo 336,1: PL 38, 1472.], e già dall'antichità si formò il detto: "Chi canta bene, prega due volte" [...] ?

Perfino il sagace Rino Cammilleri è sembrato quasi caderci in uno dei suoi 'Antidoti' tanto che opportunamente chiosava: 

«Mica poteva sapere [Agostino] che la sua frase sarebbe stata utilizzata dal clero del terzo millennio per ottenere la tanto sospirata "partecipazione" dei fedeli all'"assemblea liturgica" che il prete "presiede". Così, quando l'intero uditorio si mette a cantare a squarciagola i pezzi numerati imposti dal complessino, finalmente la "celebrazione eucaristica" può dirsi pienamente "partecipata", con grande soddisfazione del "presidente" che non di rado ha interrotto a metà il rito per arringare l'uditorio che cantava poco o piano».


Alcuni sostengono che la frase incriminata sia sunto di quanto Agostino - che si può dire quasi convertito dalle lacrime sgorgate per la bellezza dei canti ascoltati a Milano, dal suo 'padre nella Fede', Sant'Ambrogio - scrive nelle Enarrationes in Psalmos, ma ci sembra davvero riduttivo di tali vette di melodiosa spiritualità che vi riportiamo di seguito in omaggio al 'festeggiato'. [...].

*

«"Lodate il Signore con la cetra, con l'arpa a dieci corde a lui cantate. Cantate al Signore un canto nuovo!" (Salmo 32, 2.3). Spogliatevi di ciò che è vecchio ormai; avete conosciuto il nuovo canto. Un uomo nuovo, un testamento nuovo, un canto nuovo. Il nuovo canto non si addice ad uomini vecchi. Non lo imparano se non gli uomini nuovi, uomini rinnovati, per mezzo della grazia, da ciò che era vecchio, uomini appartenenti ormai al nuovo testamento, che è il regno dei cieli. Tutto il nostro amore ad esso sospira e canta un canto nuovo. Elevi però un canto nuovo non con la lingua, ma con la vita. Cantate a lui un canto nuovo, cantate a lui con arte (cfr. Salmo 32, 3). Ciascuno si domanda come cantare a Dio. Devi cantare a lui, ma non in modo stonato. Non vuole che siano offese le sue orecchie. Cantate con arte, o fratelli. Quando, davanti a un buon intenditore di musica, ti si dice: canta in modo da piacergli; tu, privo di preparazione nell'arte musicale, vieni preso da trepidazione nel cantare, perché non vorresti dispiacere al musicista; infatti quello che sfugge al profano, viene notato e criticato da un intenditore dell'arte. Orbene, chi oserebbe presentarsi a cantare con arte a Dio, che sa ben giudicare il cantore, che esamina con esattezza ogni cosa e che tutto ascolta così bene? Come potresti mostrare un'abilità così perfetta nel canto, da non offendere in nulla orecchie così perfette? Ecco egli ti dà quasi il tono della melodia da cantare: non andare in cerca della parole, come se tu potessi tradurre in suoni articolati un canto di cui Dio si diletti. Canta nel giubilo. Cantare con arte a Dio consiste proprio in questo: Cantare nel giubilo. Che cosa significa cantare nel giubilo? Comprendere e non saper spiegare a parole ciò che si canta col cuore. Coloro infatti che cantano sia durante la mietitura, sia durante la vendemmia, sia durante qualche lavoro intenso, prima avvertono il piacere, suscitato dalle parole dei canti, ma, in seguito, quando l'emozione cresce, sentono che non possono più esprimerla in parole e allora si sfogano in sola modulazione di note. Questo canto lo chiamiamo "giubilo". Il giubilo è quella melodia, con la quale il cuore effonde quanto non gli riesce di esprimere a parole. E verso chi è più giusto elevare questo canto di giubilo, se non verso l'ineffabile Dio? Infatti è ineffabile colui che tu non puoi esprimere. E se non lo puoi esprimere, e d'altra parte non puoi tacerlo, che cosa ti rimane se non "giubilare"? Allora il cuore si aprirà alla gioia, senza servirsi di parole, e la grandezza straordinaria della gioia non conoscerà i limiti delle sillabe. Cantate a lui con arte nel giubilo». 


[*] articolo tratto da sanpiox.it
 

Nessun commento:

Posta un commento