Gentili lettori,
in occasione della festa liturgica di S. Pio X [1], celebratasi ieri 21 agosto, desidero approfittare per commentare alcuni passi del suo celebre motu proprio «Tra le sollecitudini» sulla musica sacra [2], promulgato dal santo papa solamente poco più di tre mesi dalla sua elezione... nell'attesa di un nuovo sospirato documento papale sulla musica sacra che speriamo possa essere promulgato quanto prima [3]!
Non basta, infatti, raccomandare che nella scelta dei canti liturgici «occorre evitare la generica improvvisazione o l'introduzione di generi musicali non rispettosi del senso della liturgia» [4], bisognerebbe fermamente, come Pio X, quasi intimare che «Nulla adunque deve occorrere nel tempio che turbi od anche solo diminuisca la pietà e la devozione dei fedeli, nulla che dia ragionevole motivo di disgusto o di scandalo, nulla soprattutto che direttamente offenda il decoro e la santità delle sacre funzioni [...] [5]».
E qui c'è subito da chiedersi serenamente: cosa oggi può dare veramente scandalo - e a chi - nel canto della Chiesa? Questo? oppure questo? ... e perché non questo?!
E giusto a proposito di canto gregoriano, oggidì, a più di cento anni dal documento di Pio X - e a ormai cinquant'anni dalla nota (e purtroppo ambigua!) raccomandazione conciliare di SC 116 [6] - è ben lungi dall'essere attuato il pio pïano proposito «di restituire il canto gregoriano nell’uso del popolo, affinché i fedeli prendano di nuovo parte più attiva all’officiatura ecclesiastica, come anticamente solevasi».
Eh eh... il canto gregoriano (quello vero, non la messa "de angelis") non può e mai potrà essere cantato da una qualsivoglia comune assemblea liturgica, se non da un coro specializzato e condotto da sapiente conoscitore della sacra melopea!
Purtuttavia sono certo che coloro che oggi frequentano la messa domenicale [7] sarebbero tranquillamente in grado (opportunamente educati e guidati da persone esperte, ovvero professionisti della musica!) di cantare le placide antifone gregoriane del "Graduale simplex" (come ad esempio questa )...
Ma quanti parroci (primi responsabili, dopo il vescovo, dell'educazione liturgica del proprio gregge) avranno mai sentito parlare di questo prezioso strumento per il canto liturgico della Chiesa che si chiama "Graduale simplex"? [7bis]!...
Ma l'ostracismo verso il gregoriano è dato sostanzialmente non verso la melodia in sè, bensì verso la lingua latina stessa!
Aveva ben da raccomandare Pio X che «Il testo liturgico deve essere cantato come sta nei libri, senza alterazione o posposizione di parole, senza indebite ripetizioni, senza spezzarne le sillabe e sempre in modo intelligibile ai fedeli che ascoltano»!
Certo, ora che i «libri» liturgici utilizzati sono tutti tradotti in lingua nazionale, sarebbe sì una grossa conquista che i compositori avessero agio a comporre melodie sopra i testi ufficiali del messale: parlo delle antifone di introito, offertorio e comunione le quali invece, regolarmente sostituite da qualsivoglia altro tipo di canto (e miracolo se ci azzecca con la liturgia del giorno!), vengono beatamente accantonate...
Prossimamente uscirà la nuova traduzione italiana del Messale Romano [8]: si potrebbe, allora, tentare qualche esperimento di verbo-melodismo anche sui nuovi testi che appariranno, sperando siano apparati un poco metricamente dai traduttori (che già hanno combinato assurde prolissità e anti-metricità nei ritornelli ai salmi responsoriali del nuovo Lezionario [9], rendendone difficile la messa in musica nonché la fruibilità da parte delle assemblee liturgiche!).
Tutti i nostri sforzi di musicisti di chiesa, tuttavia, saranno vani se «Nelle ordinarie lezioni di liturgia, di morale, di [diritto] canonico che si danno agli studenti di teologia» nei seminari, si tralascerà «di toccare quei punti che più particolarmente riguardano i principii e le leggi della musica sacra»: solo in questo modo i novelli sacerdoti non giungeranno nelle parrocchie «digiuni di tutte queste nozioni, pur necessarie alla piena cultura ecclesiastica».
In proposito nel 2006 i vescovi italiani hanno promulgato la terza edizione dei programmi di studio per i Seminari [10] nei quali è ben delineato quale deve essere il corso di "musica sacra" per gli studenti nei seminari [11]... o meglio dovrebbe essere, dato che la materia è spesso relegata - proprio come nella scuola pubblica italiana - ad ultima degna di essere considerata, se non addirittura assente dai programmi di studio!
Eppure nel 2009 il cardinale arcivescovo di Bologna Caffarra se ne uscì affermando «In questo momento la musica è una vera necessità, più della pittura e dell'architettura, perché NON POSSIAMO PIÙ CELEBRARE L'EUCARISTIA CON DELLA MUSICA INSIGNIFICANTE» [12]: coraggiosa ammissione del marcio liturgico-musicale di questi decenni... chissà che Sua Eminenza diventi capofila tra i vescovi italiani della vera attuazione della riforma liturgico-musicale nella Chiesa italiana...
Riforma che potrebbe cominciare fin d'ora nelle nostre parrocchie, nascondendo alla vista dei fedeli tutti i cantori, musici e organisti!
Sì, avete capito bene: l'agitarsi tra presbiterio e navata di suonatori più o meno competenti, l'aprirsi di bocche di cantori più o meno intonati, le chironomie più o meno efficaci di direttori di coro, animatori e affini, non fanno altro che distrarre il fedele che assiste alla messa, il quale ha già la sua pena nell'essere costretto a sopportare i monotoni recitativi del sacerdote che si pone davanti all'assemblea come un (pessimo) conferenziere, sempre meno solennemente come vero ’datore di sacro‘!
In altre parole: chi fa musica e canto corale nel rito non dovrebbe essere visibile ai fedeli, pena la corruzione della comunicazione del sacro tra presbiterio e assemblea (diamine, è tanto semplice: vi siete mai chiesti perché nel teatro d'opera l'orchestra è nascosta al pubblico?!)...
Detto ciò, capirete che non suona affatto come desueta la raccomandazione di Pio X che reputava «conveniente che i cantori, mentre cantano in chiesa» non solo «se trovansi in cantorie troppo esposte agli occhi del pubblico, siano difesi da grate» ma addirittura «vestano l’abito ecclesiastico e la cotta»: se, ad esempio in Vaticano, quest'ultima raccomandazione è ancora oggi regola, la prima invece è regolarmente disattesa [13].
Cari musicisti di chiesa che leggete queste mie sparse riflessioni, ricordatevi ad ogni modo sempre di non farvi esaltare in maniera soverchiante dalla musica quando suonate nel culto divino: la musica, infatti, «pel piacere che direttamente produce e che non sempre torna facile contenere nei giusti termini», rischia di estraniarci da ciò che il rito esprime in quel preciso ‘hic et nunc’!
A riguardo è ancora il santo papa ad affermare risolutamente che «In generale è da condannare come abuso gravissimo, che nelle funzioni ecclesiastiche la liturgia apparisca secondaria e quasi a servizio della musica, mentre la musica è semplicemente parte della liturgia e sua umile ancella».
Per questo motivo, ribadisco, chi fa musica e canto corale nel culto divino dovrebbe, innanzitutto, essere nascosto agli occhi (ingenui e curiosi) dei fedeli che assistono al rito!
Il che per noi organisti vuol dire: via le consolle elettriche dai presbiteri e reinstallazione di grate, o tende, sulle cantorie dalle quali si scorga troppo visibilmente l’organista all’opera e l'enfasi di direttore e coristi nell'interpretare i canti!
Et de hoc satis!
Grazie per la cortese attenzione e cordiali saluti.
Paolo Bottini
22 agosto 2012
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Meno male che c'è Frisina con i suoi canti all'olio di ricino ma quanto è peggio è che eminenti gruppi corali, usano la purga senza accorgersene
RispondiEliminaricordo un commento di un bravo organista , concertista anche all'estero. Ogni parrocchia è un vaticano a se'.. guardiamo i violinisti le viole , le trombe e ottoni, assolo di tenori soprani e baritoni e bbassi.... e l'orchestra, il direttore....l'organista sia nascoso, eh, è scandaloso! povera italietta .... Si abbia in grande onore l'organo a canne.... Caro Pio X, hai visto? Un grande ringraziamento al M' Bottini. sconsolato me ne vo'....
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