L'organo della chiesa concattedrale di Sanremo
a cura di Paolo Bottini
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«Ognuno chiede in qual modo cantare a Dio. Canta a Lui, ma canta bene. Egli non vuole che le sue orecchie siano offese. Canta bene, fratello.» (S. Agostino, Esposizioni sui salmi, Commento secondo al salmo 32, paragrafo 8)
Liturgia & Musica
Questo spazio nasce dalla mia esperienza di moderatore della mail circolare "Liturgia&Musica", avviata nel dic. 2005 per conto della “Associazione Italiana Organisti di Chiesa” (di cui fui segretario dal 1998 al 2011) al fine di tener vivo il dibattito intorno alla Liturgia «culmine e fonte della vita cristiana» e al canto sacro che di essa è «parte necessaria ed integrante» unitamente alla musica strumentale, con particolare riferimento alla primaria importanza dell'organo.
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domenica 23 giugno 2024
Decreto del Vescovo riguardo la Musica Sacra nella Liturgia
sabato 24 febbraio 2024
Per tornare a cantare tutti assieme il «Pater noster»...
Gentili lettori,
eccovi in calce validi motivi per mettere in pratica Sacrosanctum Concilium 54:
«Nelle messe celebrate con partecipazione di popolo si possa concedere una congrua parte alla lingua nazionale [...]. Si abbia cura però che i fedeli sappiano recitare e cantare insieme, anche in lingua latina, le parti dell'ordinario della messa che spettano ad essi. [...]»!
Detto ciò, è ovvio che quella desiderata «cura» dovrebbe essere a carico innanzitutto degli eccellentissimi Ordinarii ...
Conoscete voi forse qualche vescovo che, più o meno regolarmente, pontifica in fatto di liturgia?...
Grazie per la cortese attenzione e cordiali saluti.
Paolo Bottini
Cremona, domenica 18 febbraio 2024, prima di Quaresima
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Intervista di Massimo Franco a monsignor Sergio Pagano (prefetto dell'Archivio Apostolico Vaticano) [*]
CHE ERRORE CAMBIARE LE PAROLE DEL PADRE NOSTRO
Se si tratta di spiegarla e interpretarla, ma non si può modificarla a piacere
- Lei cosa pensa dei cambiamenti di toni - qualcuno dice perfino dottrinali - intervenuti negli ultimi anni, l'aggiornamento delle preghiere come il «Pater noster», questa scelta di rivolgersi ai fratelli e alle sorelle...
«Lei sfonda una porta aperta. Io sono, forse, in buona compagnia o forse in minima compagnia, scarsa o nutrita non lo so, ma del tutto perplesso e contrario, per quel che vale la mia opinione, a questo modo di procedere. Tuttavia, è il pensiero di qualcuno che conosce un poco di storia e che studia, e che pensa e che vede i precedenti. Ad esempio: a me ha fatto un grande dispiacere, mi ha dato un'amarezza che resta, il cambiamento deciso dalla Conferenza episcopale itaLiana del Padre nostro in lingua italiana, che è un'assurdità».
- Che cosa le è dispiaciuto? Il cambiamento della formulazione quando si dice, nella preghiera, «non ci indurre in tentazione»?
«Mi è dispiaciuto il modo in cui è stato cambiato il Padre nostro, e anche i termini del cambiamento deliberato.
Anzitutto il modo. Era fino a ieri saggia norma nella Chiesa, e speriamo che torni a esserlo in futuro, che, quando si trattava di ostacoli o difficoltà che si possono incontrare riguardo al testo della Sacra Scrittura, sia greco-latino, sia anche nelle lingue volgari, e che possono causare sconcerto nei fedeli, che prima di cambiare bisognasse sempre spie-gare. Che il passo del Padre nostro "non ci indurre in tentazione", , così tradotto già nelle prime versioni in lingua italia-na, e tradotto ottimamente dal testo latino, fin dal XVI secolo, creasse qualche difficoltà al senso comune dei fedeli che lo recitavano, è cosa scontata».
- Davvero ritiene che sia scontato? Crede che da tempo ci si ponesse e si ponga un problema di interpretazione di quell'espressione?
«Già il cardinale Roberto Bellarmino nel suo Catechismo del 1597 rilevava che c'erano difficoltà a comprendere quel passo. Ma si guardo bene, e con lui Clemente VIII, dal cambiarlo. Prese a spiegarlo. Cito un passo da una recente riedizione del Catechismo: "Non intendo bene quelle parole, non c indurre m ten-tazione; perciocché pare che voglia dire che Dio suol indurre gli uomini in tenta-zione, e noi lo preghiamo che non lo faccia. Indurre in tentazione o sia tentare al male, o sia far cadere in peccato, è proprio del demonio, e non appartiene in conto veruno a Dio, il quale ha in odio grandemente il peccato". Ma secondo il modo di parlare della Scrittura Santa, quando si parla di Dio, indurre in tentazione non vuol dir altro se non permettere che uno sia tentato o sia vinto dalla tentazione. Più chiaro di così. Spiegato così il testo, non occorreva alcun cambiamento, anche in italiano. Per la Sacra Scrittura la Chiesa ha avuto sempre una venerazione, la definisce Parola di Dio. E se è di Dio, come possiamo noi cambiarla? Studiarla, comprenderla, ma non cambiarla. Chi ha operato questo sventurato cambiamento, almeno tale a mio modo di vedere e con il dovuto rispetto, ha studiato le fonti? Si è reso conto della incoerenza scritturale del cambiamento rispetto al passo dei Vangeli sinottici di Matteo, Marco e Luca? Credo si sia perso il senso genuino del testo latino: "L'oro è saggiato dalla fiamma, per vedere se è puro o no; gli uomini, per vedere se sono probi, se sono buoni, devono essere saggiati dalla tentazione". Ma la tentazione non è voluta da Dio per dannare, osserva Bellarmino, o per mettere in difficoltà. Serve per vedere se tu sai stare in piedi o no su un terreno che è franoso. Ma mi lasci fare un ultima considerazione. Anche ai tempi di Galileo, quando lo scienziato pisano chiamava in causa diversi passi della Sacra Scrittura che apparivano a lui, scienziato e cattolico, ormai opporsi al nuovo sistema copernicano, e tali erano in verità, né papa Urbano VIII, né ancora Bellarmino, né la Santa Sede osarono toccare quei passi che avevano un senso letterale antiscientifico. Cosa si fece? Non cambiare, ma spiegare. Preso atto delle ragioni di Galileo, i teologi e gli esegeti ripensarono la dottrina dell'ispirazione dei libri sacri, pur di non toccare quel testo stabilito e sacro. Erravano gli scriventi, non lo Spirito Santo ispiratore della Scrittura. Siamo proprio certi che questo cambio delle parole del Pater sia un progresso? Io, per mio conto, continuo a dire il Pater in latino, così sorpasso a pie pari quel brutto cambiamento».
- Scusi monsignor Pagano: se la CEI ha deciso questo cambiamento lessicale, c'è da credere che il papa l'abbia avallata, no?
«Penso di sì, penso che sia stata avallata, chissà com'è stata giustificata, motivata. Io non sono nessuno, ovviamente, ma torno a ripetere che esprimo solo il mio parere personalissimo, perché mi è lecito esprimere un parere. E da studioso non posso ammettere una traduzione del genere perché tradisce il senso originale dell'orazione insegnataci da Gesù».
[*] Corriere della Sera, 18 febbraio 2024 https://www.pressreader.com/italy/corriere-della-sera-la-lettura/20240218/281844353558261
mercoledì 22 novembre 2023
Decreto contro l’abuso della musica liturgica leggera introdotta nelle chiese
lunedì 30 ottobre 2023
Perché il popolo cristiano non canta più (di S. Ecc. Mons. Pietro Nonis)
L'angolo di Pietro Nonis
MUSICA SACRA. Ancora nel Novecento, la Chiesa coltivava con passione. Poi il declino
Perché il popolo cristiano non canta più
La comunità cristiana svolge una sua attività culturale fin dai suoi primordi. Pensiamo all'ultima sera che il Cristo passa fra i suoi, fino al momento in cui la tragica Passione s'impadronirà di lui. «“Io vi dico che da ora non berrò più di questo frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo con voi nel regno del Padre mio”. E dopo aver cantato l'inno, uscirono verso il monte degli Ulivi» [Mt 26, 29-30].
Già la struttura mosaica dà importanza alla formulazione ed esecuzione di inni sacri. «Voglio cantare in onore del Signore / perché ha mirabilmente trionfato, / ha gettato in mare / cavallo e cavaliere» (Es 15, 1). Il primo libro delle Cronache ricorda i nomi di coloro «ai quali Davide affidò la direzione del canto nel tempio, dopo che l'Arca aveva trovato una sistemazione» (1 Cr 6, 16). «Davide, insieme con i capi dell'esercito, separò per il servizio i figli di Asar, Eman e di Idutun, che eseguirono la musica sacra con cetre, arpe e cembali» (1 Cr 25, 1). Le Cronache danno ai cantori i nomi di “profeti” o di “veggenti”.
Nel prezioso corpus delle Lettere di Paolo sono sicuramente contenuti dei tratti destinati al canto liturgico: sono le fasi nascenti di una cultura singolare che col tempo si irrobustisce. Non è fuori luogo ritenere che in quella sede abbia avuto luogo, a partire dai cantici della più antica comunità cristiana, il trapasso dai frutti della musica corale presente nella Bibbia, ai primi germi della musica gregoriana.
L'Architettura cristiana del Medio Evo ha certamente asegnato un posto e un ruolo al canto sacro. A partire dalla fine del Medio Evo esso prenderà in luoghi significativi una funzione insostituibile nella liturgia, che ha precedentemente assunto per ruoli speciali i frammenti più importanti dei testi. Dell'enorme sviluppo assuto dal Quattro-Cinquecento dalla musica sacra e dal canto corale, fa testimonianza il fatto che, col trascorrere del tempo, il popolo s'impadronì delle melodie più parlanti e scorrevoli. Ancora nel Novecento – primi periodi – la Chiesa coltivava con passione la musica nelle comunità importanti o anche minori.
Poi, lentamente, il decadimento, e la sostituzione di parole e melodie significative, riservate dapprima ai professionisti e quindi passate ai gruppi giovanili che fanno in chiesa musica somigliante a quella estranea, nella quale è difficile cogliere il germe e il tono della preghiera. Fino al silenzio odierno: preannuncio sepolcrale di una decadenza che prelude il silenzio mortuario.
- articolo pubblicato su «La Voce dei Berici» il 2 marzo 2014
venerdì 28 luglio 2023
La sacra liturgia. Fonte e culmine della vita e della missione della Chiesa
Nel volume La sacra liturgia. Fonte e culmine della vita e della missione della Chiesa sono riportati gli atti di un convegno che si tenne a Roma dieci anni fa: venti liturgisti di fama internazionale, cardinali, vescovi e altri studiosi, provenienti da tutto il mondo, indagarono sulla centralità della liturgia e sul ruolo che essa riveste nella missione della Chiesa.
Il libro approfondisce vari temi legati alla liturgia: l’arte liturgica, l’architettura, l’ars celebrandi, la musica; esplora l’importanza del rituale nella psicologia umana, il ruolo dei vecchi riti liturgici nella nuova evangelizzazione, la formazione liturgica, la legge liturgica, il ruolo del vescovo diocesano in materia di liturgia. Dal volume emerge come la Sacra liturgia sia fonte e culmine della vita e della missione della Chiesa e come essa sia una risorsa fondamentale per la formazione del clero, dei religiosi e dei laici.
Per chi ancora crede nella centralità del culto divino nella vita della Chiesa... nonostante il «crollo della liturgia» denunciato ormai nel 1997 dal cardinale Joseph Ratzinger!
Grazie per la cortese attenzione e cordiali saluti.
Paolo Bottini
Cremona, il 28 luglio 2023, Johann Sebastian Bach in memoriam